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ZANARDELLI, LA VALLE DEL SINNI E LA FERROVIA DIMENTICATA

UN SOGNO IRREALIZZATO
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L'idea del comitato "Ferrovia Valle del Sinni - Chiaromonte", di collegare un pezzo di Lucania all'Italia.



Di Lucio Vitale
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Articolo pubblicato anche su Il Quotidiano del Sud








“La valle del Sinni e la sua ferrovia mai costruita. Storia di un area abbandonata a se stessa”. 

Potrebbe sembrare il nome di un saggio storico, ma è la sfortunata storia dell’area Sud della Basilicata e del viaggio del presidente del consiglio Zanardelli, che invitato a visitarla, non riuscì a raggiungere la nostra valle. 
Una storia sospesa da oltre 100 anni e che resterà purtroppo un sogno. 
Oggi siamo abituati, e non a torto, a lamentarci delle lunghe distanze, delle strade impraticabili, dei servizi pubblici carenti e tanto altro. Senza spingerci oltre nel tempo, cercate di immaginare come doveva essere la Lucania di fine 900 e più precisamente nel 1885 tra i comuni di Chiaromonte e Teana. 
Questa carenza sociale non passò inosservata, anzi, si erano posti il problema di come affrontare la questione i rappresentanti del  “Comitato della Ferrovia Valle Sinni-Chiaromonte”.
Giuseppe Zanardelli,
l'allora Primo Ministro
Dopo l’unità d’Italia, la Basilicata contava, con un territorio di poco più di 10 mila chilometri quadrati, una popolazione di quindicimila abitanti circa. Gran parte della regione era afflitta da un grave dissesto idrogeologico. Se togliamo le aree occupate da fiumi, torrenti, zone montuose e boschive, pascolo e colture, il quadro è quello di un paese spoglio, con un’economia in prevalenza cerealicola-pastorale. Ancora più impressionante apparivano i problemi riferiti all’analfabetismo, (nei primi del 900 si contava oltre il 70% della popolazione) alla mortalità infantile e all’igiene. 
Altissima, infatti, era la frequenza delle morti per malattia dell’apparato digerente, per la malaria e per il tifo. Nel triennio 1899-1902, per esempio, morirono di malaria e di cachessia palustre 166 persone ogni 100 mila abitanti, rispetto ai 39 su scala nazionale. In questo disastroso quadro si aggiungeva l’inesistenza di istituti bancari in grado d’incrementare gli investimenti bancari. 
La Basilicata, infatti, non compariva nella graduatoria nazionale dell’epoca delle società di credito fra le regioni meridionali. La conseguenza, estremamente dannosa per la regione, ebbe conseguenze notevoli anche nel circondario di Lagonegro, mandamento di Chiaromonte, dove le preoccupazioni erano rivolte allo spostamento migratorio. L’emigrazione, infatti, determinò la perdita di una vigorosa manodopera, ma non solo, perché determinò anche la cosiddetta “fuga dei cervelli”, che rimasti improduttivi nella terra natia, trovarono nei paesi ospitanti la possibilità di esprimersi e di raggiungere i più alti gradini della scala sociale. 
Non bene la situazione viaria. 
Il dott. Antonio Vitale di Teana
Sulla regione pesavano la scarsità di sbocchi commerciali, l’assenza pressoché completa di una struttura stradale e di una ferrovia. 
Proprio sulla questione ferrovia, cittadini attenti e laboriosi dell’epoca fecero la loro lotta, tra cui il dottor Antonio Vitale di Teana, (San Chirico Raparo 1849 – Teana 1937) presidente del “Comitato della ferrovia Valle del Sinni-Chiaromonte”. 
Il dottor Vitale, non se la sentì di tacere l’abbandono di un territorio importante, come la Valle del Sinni, da parte del neo governo e, armato di penna e calamaio scrive alla stampa chiedendo al governo un tronco ferroviario che scendeva da Lagonegro, Lauria, Latronico, Fardella, Chiaromonte, Senise ecc, per poi confluire nel circondario di Castrovillari (CS). 
L’importanza della strada ferrata era indiscutibile: i vantaggi erano reali. 
Un’opera del genere avrebbe garantito non solo lo sviluppo di un territorio, ma nuove opportunità di sviluppo economico e quindi la gente non avrebbe più abbandonato la propria patria. 
L’occasione giusta si presentò qualche anno dopo. La situazione di degrado in cui versava la Basilicata, spinse il presidente del consiglio Zanardelli a visitare la Basilicata. Zanardelli, fu il primo presidente del consiglio dei ministri a rendere omaggio a questa terra, dalla quale prese avvio la dimensione nazionale della questione meridionale. 
Fu un viaggio massacrante, che però consentì a Zanardelli di rendersi conto della miseria di una terra derelitta. 
Accolto con tutti gli onori dalle popolazioni dei numerosi comuni che visitò, la comunità lucana era sicuro di un suo intervento, tra cui proprio il dottor Vitale che con Zanardelli intratteneva rapporti epistolari. 
Nel 1902 lo incontrò a Policoro. In precedenza l’onorevole gli aveva promesso che avrebbe visitato la Valle del Sinni, come è documentato in un libro-memorie del dottor Vitale, in una lettera datata 28 agosto 1902. 
Purtroppo, proprio il dottor Vitale si rammaricò per l’intera vita del mancato arrivo di Zanardelli nel territorio di Chiaromonte-Teana, poiché il viaggio dell’Onorevole, protrattosi dal 17 al 30 settembre, si fermò a Lagonegro. 
Andò così perduta una ghiotta occasione di mostrare ai vertici istituzionali e al governo la reale situazione in cui versava l’entroterra lucano. 
Ma le speranze non erano del tutto spente. 
A termine della sua visita in Basilicata, il presidente Zanardelli, sollecitato dalle denunce di Nitti, Fortunato e da numerose petizioni di enti e comitati come quello del dottor Vitale, incaricò l’ingegnere capo del Genio Civile di Cagliari, Eugenio Sanjust, di esperire una relazione generale sui problemi locali. 
Quella che fu definita “l’inchiesta Sanjust”, costituì, successivamente la base per il testo di legge speciale per la Basilicata, approvata alla camera nella tornata del 23 febbraio 1904. 
Chiaromonte negli anni 30.
Foto di: sconosciuto
Grande merito va a Zanardelli, per aver saputo cogliere in tutta la loro estensione i problemi contingenti di una nazione giovane e di aver saputo mantenere le promesse per quanto gli fu possibile. 
A causa di una malattia terminale, si congeda definitivamente dalla scena politica nazionale, dando le dimissioni da primo ministro il 3 novembre 1903. Morirà poco più di un mese dopo. 
Ecco che sfuma definitivamente il sogno di un’azione seria e concreta di governo, anche se Zanardelli non visitò mai la Valle del Sinni. 
Di anni ne sono passati più di cento. Si sono succeduti governi, politici e occasioni d’oro. Neanche il boom economico degli anni ’60 ha risolto un problema che di difficile non aveva nulla. 
Una lucida e attenta analisi di questa mancata attenzione verso questo territorio divide l’opinione pubblica: ultimamente, per alcuni, si fa strada l’ipotesi di oscure manovre politiche per lasciare l’area Sud abbandonata a se stessa escludendola dalle stanze del potere, mentre altri tendono semplicemente a sminuire il problema dicendo che la nostra valle è bella così, pura e nuda, lontana dai caotici movimenti cittadini e avvalorata soltanto dalla natura e dai suoi paesaggi mozzafiato nel cuore del Parco nazionale del Pollino. 
Chissà chi dei due si contende la ragione, fatto sta che una ferrovia avrebbe cambiato notevolmente il flusso, anche solo turistico di questo territorio. 
Al di là dei giudizi personali, questa storia, dimenticata o del tutto sconosciuta, meritava di essere riportata alla luce e di dare un merito almeno a chi già cento anni fa lavorava per migliorare il proprio territorio.

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