Maggio 2024, Chiaromonte e le sue Storie dedica il mese ai lavoratori Chiaromontesi

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Nicholas Launt (Landi)

Nicholas Launt.
Foto Ancestry.com


di G.D. Amendolara
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Storia inserita in Archivio > I grandi Chiaromontesi
e nella rubrica Verso l'America



Quanti ne sono partiti per l'America?
Tanti, e tra loro tantissimi nostri paesani.
In molti sono rientrati. In tanti sono rimasti ed hanno creato li la loro fortuna, e tra questi coloro che nella loro terra non sono più tornati.
Questa che racconto è la storia di Nicola Landi, registrato a New York come Nicholas Launt, perché all’epoca in molti all'anagrafe Newyorkese non avevano voglia di scrivere correttamente il cognome (trascrivevano quello che capivano).
Il nome invece lo americanizzò, come facevano in molti, per ambientarsi e anche per dire grazie a quella terra che gli regalava quella fortuna che quella natìa non le aveva dato.
Mentre iniziava la sua avventura oltre oceano, perse tragicamente la famiglia in paese a causa di un epidemia, ma non si arrese e andò dritto per la sua strada.
Cominciò come operaio nella O&W railroad, contribuendo alla costruzione della linea ferroviaria che univa varie zone dello Stato di New York. Seppe farsi notare per la dedizione al lavoro, tanto che gli fu chiesto se vi erano altri suoi paesani disponibili a lavorare in quel progetto. Avevano bisogno di gente della sua stessa personalità, quindi di altri Chiaromontesi.
Ne arrivarono molti, che prese sotto la sua protezione, e che diedero l’aiuto più grande per la realizzazione del progetto.
Oltre al cantiere, dedicò il suo tempo anche ad altre attività tra cui un negozietto nella sua casa, dove vendeva prodotti italiani importati, permise a molte donne di poter produrre il pane italiano costruendo dei forni e aprì addirittura una filiale bancaria che gestiva con la moglie, dove aiutava i suoi paesani e gli italiani a gestire i propri soldi.
Grazie a tutto questo suo da farsi avrebbe dovuto vivere nel lusso, ma rimase umile, perché il suo unico interesse era poter vedere felice e soddisfatto chi come lui sacrificava la propria vita per poter vivere dignitosamente.
In tutto questo non dimenticò mai casa sua, Chiaromonte, ma non potè tornarci tante volte quanto voleva.

© Walton Historical Society


Sposò Rose, che scomparve giovane, con la quale ebbe tre figli. La seconda divenne la prima italiana a laurearsi a Walton.
Si pensionò dopo 50 anni di onorato servizio nell’azienda ferroviaria, e visse tranquillo fino alla fine dei suoi giorni.
Si spense serenamente il 13 maggio del 1945 all’età di 86 anni.

Nicholas anziano.
Foto Ancestry.com
La comunità Chiaromontese a Walton, la più numerosa negli Stati Uniti, ha saputo rendergli onore e lo ricorda ancora.
Nicholas ha portato in quella terra tutto quello che la sua le aveva insegnato: sacrificio e amore. 
Ricordarlo è un gesto di riconoscenza non solo verso un Chiaromontese, ma soprattutto verso un grande Uomo.

Racconta così Eleanor Belmont nel suo meraviglioso libro “From Chiaromonte to Shepard Hill”, dove racchiude la storia dei nostri paesani a Walton.

Potete acquistarlo qui: https://www.waltonhistoricalsociety.org/whs-store/chiaromonte-jpg-257x398-pixels/





Fonte: From Chiaromonte to Shepard Hill, di Eleanor Belmont.
© WALTON HISTORICAL SOCIETY




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Verso l'America

Questa che stai per leggere è una storia esclusiva di
Chiaromonte e le sue Storie





di G.D. Amendolara
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Storia presente in Archivio > Verso l'America



Raffaele Vergallito insieme alla moglie e al figlio John


Arrivava in piazza.
Era l’uomo che, pagato dalle compagnie navali, pubblicizzava le partenze per l’America, la terra dei sogni.
Lo circondavano a centinaiae e si lasciavano ammaliare dalle sue parole che davano speranza, quella che tra le quattro mura del paese pareva affievolita, e a tratti del tutto spenta.


Chiaromonte 1870 circa



Povertà e speranza


Chiaromonte, ultimo trentennio dell’800.
L’unità d’Italia non giovò al nostro piccolo paese.
Seppur già sofferente prima del 1861, il post ebbe un risvolto quasi catastrofico.
Documentazioni, libri storici, articoli di giornale e testimonianze tramandate descrivono il livello impressionante della povertà, nonostante l’artigianato e l’agricoltura forti nel loro settore, e una classe politica di alto livello, con famiglie disperate pronte a “donare” i loro figli ai benestanti che pur diventando schiavetti avrebbero avuto l’opportunità di avere un pasto caldo e un letto dove dormire, e di gente che non aveva nemmeno uno straccio costretta a girare nuda per il paese.
No: ciò che sto raccontando non è menzogna, è ciò che si viveva realmente tra le mura e nelle campagne del nostro paese.
La speranza però, si sa, è sempre l’ultima a morire, e quella voce ne riaccese la luce in tantissimi nostri paesani.


Verso l’America


L'unica foto della nave Idaho

Per l’acquisto del biglietto ricorrevano a prestiti o vendevano tutto quello che possedevano.
In Francia, Inghilterra o Belgio i primi porti da raggiungere per l’imbarco. Solo qualche anno dopo si potè partire da Napoli o Palermo.
Raggiungere la nave sarebbe stato nulla confronto alla traversata dell’oceano, con la durata di quasi due mesi negli anni 80 dell'800, tutti appollaiati con le altre centinaia di persone della terza classe, con il rischio di essere infettati da epidemie che sulle navi si espandevano e provocavano anche numerosi decessi.
Unica destinazione New York, dove avrebbero trovato chi per loro garantiva.
Le navi dirette in Sud America arrivarono poi, ma utilizzate da pochi a causa degli alti prezzi dei biglietti.
Il primo arrivo ad oggi certificato risale al 1873 su una nave carica di 2000 anime pronte a cambiare la propria vita.
Di Chiaromontesi 12, tutti uomini, ed ecco i loro nomi:


Foglio di imbarco originale



Arrivo 05 novembre 1873

Nave Idaho
Destinazione New York

Giuseppe Amendolara
? Amendolara
Domenico Lista
Giovanni Donadio
Nicola Donadio
Andrea Donadio
Nicola Dragonetti
Paolo Lombardi
Nicola De Palma
Raffaele Arbia
Giuseppe De Palma
Vincenzo Donadio



AMERICA!


John De Tommaso (a sinistra),
insieme al nipote.
Da notarsi la sua pelle scura,
classica colorazione di molti meridionali
che ne causava attacchi razzisti
Il primo impatto non fu per niente simile a ciò che quella voce aveva tanto pubblicizzato convincendoli a partire.
Avrebbero dovuto resistere, subire, sopportare e affrontare una situazione non diversa da quella del paese, in certi versi anche peggiore, svolgendo perlopiù lavori che sapevano fare, quindi carpenteria, pastorizia e agricoltura, con la sola differenza del guadagno, per niente paragonabile alle paghe dei padroni del paese.
Dal loro arrivo agli inizi del 900 molte cose cambiarono.
Riuscirono finalmente a ricongiungersi con le loro famiglie.
Acquistarono case o appartamenti, decine di loro avviarono attività commerciali e qualcuno divenne benestante, tanto che a Chiaromonte potè tornarci tutte le volte che voleva portando con sé la sua macchina di lusso americana.
Michael Maltese

Con le seconde generazioni, nati o cresciuti, si raccoglieranno i frutti dei sacrifici dei loro padri e delle loro madri, con l’integrazione nella società americana che porterà molti di loro a divenire uomini e donne di successo, dalla medicina all’esercito, dall’imprenditoria al mondo dello spettacolo e dello sport, citando le due personalità più importanti, Michael Maltese e Nicola Guillermo Ferrara, il primo uomo di punta della Warner Bros. e il secondo calciatore di successo a livello mondiale, vincitore di uno scudetto italiano e titolare nella nazionale.





John Vergallito, Chiaromontese di seconda generazione,
veterano nel Vietnam morto in battaglia.
Sono tantissime le storie di Chiaromontesi arruolatisi nello US Army, sin dalla prima guerra mondiale, dove si sfruttava la causa per facilitare la naturalizzazione.



La via sbagliata

Cialì
Cialì, al secolo Giovanni Breglia, purtroppo è il Chiaromontese-Americano più famoso.
Si racconta che sia stato assoldato dalla mafia italo-americana e,addirittura, che sia stato autista di Al Capone. Che sia vero o no, non è l’unico paesano ad aver preso la via sbagliata.
Tra le pagine di cronaca nera impresse nella storia troviamo come protagonista Domenico Cataldo, o meglio, colui che venne ucciso da Maria Barbella, la prima donna condannata alla sedia elettrica (per fortuna graziata) che da testimonianze dell’epoca si sospettava facesse parte della mano nera, la madre della mafia italoamericana.
Si narra anche di altri soggetti che in America si facevano rispettare con la mano dura, tra i quali il poco conosciuto Fallìnë (soggetto temuto anche in paese e nei dintorni) e anche di un personaggio che a New York riuscì a non fare abbattere la propria casa durante la costruzione di alcuni grattacieli, e, a come si racconta, con metodi poco ortodossi.




Americanizzati


Basterebbe guardare il film Il Padrino 2 per capire come andavano le cose al momento della registrazione allo sportello di Ellis Island.
Mentre il nome veniva automaticamente “americanizzato”, il cognome spesso e volentieri veniva scritto cosi come lo pronunciavano, rigorosamente in dialetto, perché l’italiano non lo parlavano.
Ecco citati alcuni esempi:

Amendolara > Mentolary – Mentler (in dialetto Mënnulærë, Mëntolærë)
De Noia > De Noto – Noto (DëNòië)
Vozzi > Watts (Vòzzë)
Landi > Launt (Làntë)
Di Tommaso > Thomas (DëTummæsë)
De Nucci > Neutts (Do Nùccë)
Cuccarese > Ciuccarre (Cuccarèsë)
Vergallito > Rigoli



La Madonna della Pace


La prima guerra mondiale con le sue 40 vittime Chiaromontesi, segnò indelebilmente gli animi di tutti, in paese e fuori.
Alla fine della guerra la storia del “miracolo” della Madonna della Pace arrivò anche oltreoceano, entusiasmando non poco i nostri emigranti, tanto che spinsero affinchè avesse avuto la festa che meritava.
Grazie anche alla sua parentela con Giuseppe Vozzi, allora procuratore delle feste religiose, a prendersi incarico della raccolta dei fondi fu Vincenzo Arbia che, con i suoi collaboratori di altre città, per almeno 15 anni raccoglievano e inviavano migliaia di dollari destinati alla solenne celebrazione.
Contemporaneamente vennero raccolti fondi per il completamento del monumento ai caduti, fino ad allora composto della sola cancellata e della statua celebrativa.





Walton, la piccola Chiaromonte


La richiesta di manovalanza per il completamento del passaggio ferroviario nel Delaware, nello Stato di New York, attirò decine di nostri paesani.
Attratti dal posto, fuori dal caos della Grande Mela, si stabilizzarono nella piccola cittadina di Walton.
Nel giro di qualche anno ne arrivarono altri sino a divenire la comunità più numerosa.
Nonostante l’integrazione, in controtendenza ai nostri paesani abitanti in altri posti, formarono la più grande comunità Chiaromontese in America, la little Chiaromonte di oltreoceano, tramandando usi, costumi e tradizioni del paese natio.

Un attività commerciale dei Chiaromontesi a Walton

Le loro storie sono raccolte nelle pagine del libro “from Chiaramonto to Shepard Hill” di Eleanor Belmont, e dopo quasi 150 anni e diverse generazioni passate, restano un gruppo compatto che, nonostante abbiano perduto il tramandare delle tradizioni, si sentono ancora e sempre Chiaromontesi.



Arrivi e partenze


La ricerca si basa sui soli viaggi via nave avvenuti tra il 1873 e la fine del 1930.
Gli unici anni senza partenze sono stati quelli della grande guerra, e negli anni a seguire si nota un brusco calo dovuto soprattutto alle leggi di regolamentazione sull’immigrazione negli Stati Uniti d’America.
Nel cinquantennio migratorio sono ben 900 i Chiaromontesi partiti, divisi negli anni tra USA, Argentina, Uruguay e Brasile, con forti concentrazioni nelle citta di New York, Buenos Aires, Caracas e San Paolo.
A tornare indietro furono pochi, all’incirca il 10%, tra i quali troviamo qualche accusato di fascismo, chi con documenti non in regola e chi aveva mantenuto la promessa di guadagnare dollari per tornare al paese e ricomprare ciò che aveva venduto e anche altri terreni per far vivere dignitosamente la propria famiglia.

Matrimonio di Chiaromontesi in Argentina



Epilogo


Nel 1999 cominciai a cercare notizie sulla mia famiglia, dando vita all’albero genealogico degli Amendolara.
La nascita, crescita e residenza a New York del mio bisnonno Vincenzo mi spinse a cercare i miei famigliari negli Stati Uniti, e dal 2007 decisi di investire sulla ricostruzione della lista dei Chiaromontesi partiti per l’America.
Una ricerca che ad oggi raccoglie 300 fogli di imbarco, storie, documentazioni, fotografie e soprattutto la riunione tra Chiaromonte e i Chiaromontesi altrove.
L’unico rammarico è quello di non essere riuscito ancora a ricostruire per intero la lista di chi ha voluto raggiungere l’America Latina, in quanto le documentazioni sull’emigrazione sono spesso in mano alle Chiese, quindi difficilmente reperibili se non sul posto.
Ho voluto sintetizzare il più possibile sui nostri emigrati.
Se dovessi parlarne per esteso non basterebbe questo blog, e spero un giorno poter condividere con tutti voi nel dettaglio questa mia esperienza affinché la nostra storia, compresa quella dei nostri paesani nelle Americhe, possa vivere per sempre.


Storie correlate 

Link

Fonti:

Archivio storico Chiaromonte e le sue Storie
From Chiaramonte to Shepard Hill, di Eleanor Belmont
Ancestry.com

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