nota: in questa storia non ho apportato alcuna correzione nelle parole in dialetto.
Pinuccio manca dal paese da sessant'anni, e desidero che tutti voi siate testimoni del suo amore immutato verso il nostro paese, il più bello del mondo.
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di Pinuccio Armenti
Don Franco Ferrara, sulla sinistra. Immagini RAI © |
Ieri volevo camminare un pò per allenare il mio ginocchio operato, che va molto bene.
Cammino e passo davanti ad una chiesa.
Dentro di me sento il bisogno di entrare. Ogni tanto sento voglia di pregare, non per me, ma per i miei cari, famiglia, amici, per la pace nel mondo.
Mi siedo in un banco.
Poco lontano in un altro banco due vecchiette con le mani congiunte pregano pure loro.
Mentre prego il mio sguardo cade su un presepio al lato dell’Altare.
Finito con le preghiere, mi alzo e mi avvicino al presepio. Cosa vedo? Una grotta grandissima, Maria, Giuseppe, Bambinello, bue, asino, mangiatoia, fuori tre pastori e tre pecorelle, e sul tetto della capanna un angelo con una stella in mano.
Guardando mi dico: Perfetto non manca niente.
Poi lo riguardo e penso: Troppo semplice, senza fantasia.
Sorrido e nella mia mente il pensiero vola a Chiaromonte.
Io sono cresciuto nella chiesa di San Tommaso, chierichetto prima, sacrestano dopo.
Non ricordo quanti presepi abbiamo fatto con Don Franco, ma sono tanti.
Di Don Franco si possono dire tante cose. Non era amato da tutti, però per la parrocchia spendeva tante energie.
Per esempio: il presepio.
Lui si che aveva fantasia. Jere ngignus, come si dice da noi.
San Tommaso |
Un anno ci radunò, noi chierichetti, e ci disse che voleva fare un presepe che i pastori si muovessero.
Noi ci siamo guardarti e abbiamo pensato: forse il diabete è basso e fantastica. Invece ci spiegò quello che aveva in mente. Noi ancora eravamo increduli.
Per primo cercò un falegname. Non ricordo se fu Luigi Mustazz o Giuann Dottore.
Fece fere 2 ruote rotonde una cinquantina di cm di diametro. Noi aiutanti avevamo allestito piano piano già lo scheletro.
Nella Chiesa sulla destra c’era, o meglio ci sarà ancora, un altare più piccolo, sarà sette, otto metri di larghezza e cinque, sei metri di lunghezza. Li ci si faceva anche il Sepolcro a Pasqua.
Naturalmente senza Don Franco non si faceva niente.
Quanti rimproveri ci siamo presi quando qualcosa non andava come voleva lui.
Lui aveva già tutto memorizzato nel suo cervello. A sinistra in fondo su una collinetta fatta con carta pesta c’era il paesino, a volte sembrava vedere Chiaromonte. Poi si scendeva a valle percorrendo delle viicelle fatte con tanta pazienza. Il falegname nel frattempo aveva fatto queste ruote di compensato, molto leggere, sotto don Franco mette due cuscinetti girevoli che poi attaccati alla corrente facevano girare le due ruote.
C’è voluto un pò di tempo prima che questo meccanismo funzionasse alla perfezione.
Mentre lui faceva tutto questo, aiutato anche da Biasino Saponara e Ndreia da Colla, papà di Giovanni Monaco, noi chierichetti andavamo a fare u piz (il muschio) per ricoprire il tutto.
Ricordo che andavamo cu paner e sporte nda Vallina, ndu Scurciatur, a tutt o bann dove c’erano cerse o altri alberi. Facevamo a gara a chi ancappeve a tappa chiu granna.
Giuann Pozzovivo, Attilio Murro, Minccuccio Infantino, Ndonio u Fiut, Giuannuzz Pesce, fratem, io e Giuannuzz Monaco ca jere u chiu zinn di tutti quanti. Sicuramente c’era anche qualche altro che ora mi sfugge.
A volte capitava che c’era già la neve, ma a noi non importava niente. A nui ni sirvie u piiz pe fe u prisepie.
Quando turnamm tutti, nfriddulit e chine di zang purtamm u piiz nda chiesa e ni jemm a scaffè allu fuoco nda chesa.
Ormai si era fatto tardi e cosi andammo a letto.
Il giorno dopo al mattino si andava a scuola, però subito dopo pranzo si correva in chiesa.
Era quasi tutto pronto.
Sul palco, alto un metro, c’erano già le tavole. In fondo a sinistra sulle montagne fatte di carta pesta colorata le casette del paesino erano già messe al posto giusto.
Dalle viuzze contorte si scendeva a valle, passavano vicino ad un laghetto, ancora senz’acqua, un pò più distante una fontanella anche essa ancora asciutta.
Si saliva su un bel ponte e piano piano si arrivava alla capanna già pronta ma senza statuine.
Sulla destra, non molto lontano dalla capanna, un recinto (nu jazz) con delle pecorelle e un cane da guardia. Vicino la capanna a sinistra e a destra c’erano le ruote di compensato però ancora ferme.
La nostra curiosità' era di vederle muoversi.
Sempre con l'aiuto degli uomini dell’azione cattolica si incominciava a mettere u piiz.
A noi adesso non rimaneva che guardare, era lavoro per grandi.
Però nessuno di noi andò a casa. Era molto interessate.
Ora era tutto coperto di muschio anche le ruote di compensato, però non si muoveva niente. Nel laghetto ora c’era l’acqua, e anche dalla fontanella scorreva acqua.
Nelle casette brillavano le luci, e anche la stella sulla capanna si era accesa.
Ora c’erano pastori, pastorelle,bambini, bue, asinello Maria, Giuseppe, il Bambinello nella culla.
Era tutto pronto.
Solo i pastori che erano sulle ruote di compensato non si muovevano.
Don Franco era impaziente e un pò nervoso. Non funzionava come aveva progettato.
Allora mandò uno degli uomini sotto il palco per vedere se la corrente funzionasse. Era tutto a posto. Allora Don Franco causalmente prese un paio di pastori e li mise in un altro posto.
Tutto d’un tratto una ruota incominciò a girare. Allora capimmo che le statuine erano pesanti. Li alleggerirono e ora funzionava a meraviglia.
Noi ragazzi non riuscivamo a togliere lo sguardo da questa meraviglia.
Il volto di Don Franco si illuminò di un sorriso mai visto.
Noi non potemmo trattenere un applauso di gioia.
Avvolto nei miei ricordi non mi accorgo che una mano batte sulla mia spalla .
Sento una voce. E' il parroco della parrocchia che io conosco molto bene, perchè lui celebra la messa per noi Italiani qui ad Ingolstadt, dove io e il mio Gruppo cantiamo.
Mi chiede in italiano se mi piace il presepio. Io gli rispondo: Molto bello, però dentro di me penso: Mo, non bello come quello del mio paese.