Dalla storia alla mitologia
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IL MURO DEI RICORDI
de
"LO ZAMPILLO"
(lascia un commento sotto e lo riportiamo qui, cosi che prima che la storia venga letta, possano capire cosa e quant'era lo zampillo per i giovani degli anni 80 e 90)
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Igor M.
"per noi era casa"
Marilena S.
"quante partite a calcio"Gianluigi P.
"... era un punto di passaggio e di ritrovo
per noi ragazzi degli anni 80"
Pino P.
"era il posto giusto per sbaciucchiarci"Rosita C.
" mi ricordo che la sera alle nove ci vedevamo là.
Chi giocava a schiacciasette,
chi faceva una cosa e chi un altra.
Motorini, carrozzini, macchine
era il punto di ritrovo dei giovani"
Pietro P.
"ricordo le passeggiate nel corsoe per passare dovevamo spostare i rami dei pini,
mente tutto intorno era pieno di macchine e motorini
e soprattutto ragazzi"
Maria A.
"sono uno di quelli assidui.
Serate con la chitarra, partite a pallone, sbornie,
incontri... ehm... insomma,
veramente di tutto, non ultimo
innaffiaggio per conto del Comune
per mesi alla villetta che affaccia sullo zampillo.
Tanta nostalgia,
ma soprattutto tanta gioia"
Pino D.
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di G.D. Amendolara
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storia inserita in archivio> Chiaromonte
Tempo di lettura stimato: 6 min.
Leggi anche la parte 1 per conoscerne la storia.
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Triangolo, rotatoria,
zampillo.
Guai a toccare gli oleandri o le rose che stavano li per abbellire il posto.
Gësëppìnë a guàrdië sarebbe sbucata dal nulla e ti avrebbe richiamato con il suo “u vì, mo piglië a pëstòlë”, per poi tornare ad essere ciò che era, una donna buona amante del proprio paese e che dispensava buoni consigli, come se tutti fossero i propri figli.
Nonostante ciò, i suoi tentativi sarebbero presto svaniti, perché erano troppi, adolescenti, e seguirli era quasi impossibile. Erano pieni di vita, di gioia, e dello zampillo ne avevano fatto il loro punto di ritrovo.
“Dove ci incontriamo? Alle quattro e mezza allo zampillo”.
Foto di Sabrina Sergio |
Tutto d’un tratto da uno stereo portatile o da una macchina sarebbe partita la musica, rigorosamente a palla, e aveva cosi inizio il pomeriggio estivo Chiaromontese.
Tre panchine mai sane e che a fatica reggevano ognuna sei ragazzi, tre sulla seduta e tre sulla spalliera, con le doghe piene di scritte, proprio come lo era la scala che dallo zampillo porta alle scuole elementari, con gli scalini riempiti di versi di canzoni, dichiarazioni d’amore anonime o offese verso chi si odiava, scritte senza senso e le parolacce, tante.
Il muretto e la scalinata. Foto Sabrina Sergio |
Pieno il muretto dove si fumava qualche sigaretta di nascosto o a raccontarsela. Pieno il guard rail, la villa e le sedute di pietra lungo il corso che per trovare qualche posto bisognava chiedere un miracolo, e non sarebbe bastato salire e scendere per il corso decine di volte, perchè spesso finiva che arrivava l’ora del rientro e ti saresti seduto a casa, perché non avresti trovato posto nemmeno al monumento, dove parte della folta ciurma dello zampillo ripiegava.
Lo spiazzo sotto le scuole elementari |
E chi non trovava spazio in strada occupava lo spiazzo delle scuole elementari dove una volta c’era una rete da pallavolo.
avvertiva Giuseppina, e semmai fossero passati davvero, come se niente fosse, ognuno al proprio posto come bravi ragazzi che al vedere sparire la camionetta o la Panda, riprendevano da dove avevano lasciato.
Alla sera poi sarebbe divenuto anche un posto pieno di nascondigli dove potersi appartare o per altro, mentre tutto il resto continuava ciò che aveva cominciato nel pomeriggio, fino a notte inoltrata.
E non importava se il tempo fosse stato bello, nuvoloso, brutto.
Nei mesi freddi sarebbe stato meno frequentato, perlopiù a causa della scuola, ma gli impavidi onnipresenti non avrebbero lasciato per nessuna ragione il loro luogo d’aggregazione, sempre seduti sulle panchine o sul muretto, rannicchiati dal freddo, mentre in entrambe le direzioni macchine parcheggiate piene di ragazzi e ragazze ad ascoltare la musica che i vetri appannati trattenevano e nascondevano le facce di chi stava dentro.
E se fosse piovuto? ci si riparava al muretto grazie agli alberi, o all’asilo nido o sotto gli archi, e chi non trovava spazio si rifugiava nel palazzo degli uffici o nell’atrio delle scuole elementari, in estate come in inverno, perché non vi era niente che li fermava a rimanere nel loro posto preferito, ne il giorno e ne la notte, ne il caldo e ne il freddo di quello pungente che decorava lo zampillo di cascate di ghiaccio, semmai l’acqua l’avessero tenuta aperta.
Tutto ciò che dico non è inventato.
Chiaromonte negli anni 80 era cosi, cumuli di ragazzi e di giovani turisti in visita dalle famiglie che riempivano ogni spazio possibile, dallo zampillo al monumento, dal chiosco ai bar in piazza, da mattina a sera, e senza tregua.
Ad un tratto accadde qualcosa.
Tutto intorno cambiò.
La magia che lo caratterizzava parve in uno schiocco svanita.
Nessun ragazzo più seduto sulle panchine o sulle scale, nemmeno al guard rail o sul muretto, e il vuoto totale ai bordi della strada.
Anche lo zampillo rimase coinvolto nel periodo nero che ancora oggi colpisce i piccoli paesi, ma del tempo non ha paura, e nonostante tutto è ancora lì, anche abbellito, e mentre il silenzio ormai fa da padrone, se da lui ti rechi e chiudi gli occhi riuscirai a sentire ancora quelle urla di gioia, le acclamazioni verso chi raccoglieva il pallone nel fosso, e quella musica a palla uscire dagli sterei portatili e dalle macchine che rivedrai parcheggiate, cosi come potrai rivedere i motorini, le biciclette, i treruote in ogni dove, e le scale piene di ragazzi e ragazze, gli stessi che lì si radunavano al mattino per partire verso chissà quale luogo, e questo perché lo zampillo non è un posto qualunque, è il deposito di migliaia di ricordi che custodisce gelosamente, perché lo sa che la storia si ripete, che tutti quei giovani possono tornare a renderlo nuovamente vivo… e attende, proprio come una madre attende il ritorno dei propri figli.
Non è solo un pezzo di cemento.
È storia, la nostra. E che storia.
“Attièndë ca mo passënë o Carabbënièrë”
Alla sera poi sarebbe divenuto anche un posto pieno di nascondigli dove potersi appartare o per altro, mentre tutto il resto continuava ciò che aveva cominciato nel pomeriggio, fino a notte inoltrata.
E non importava se il tempo fosse stato bello, nuvoloso, brutto.
Nei mesi freddi sarebbe stato meno frequentato, perlopiù a causa della scuola, ma gli impavidi onnipresenti non avrebbero lasciato per nessuna ragione il loro luogo d’aggregazione, sempre seduti sulle panchine o sul muretto, rannicchiati dal freddo, mentre in entrambe le direzioni macchine parcheggiate piene di ragazzi e ragazze ad ascoltare la musica che i vetri appannati trattenevano e nascondevano le facce di chi stava dentro.
E se fosse piovuto? ci si riparava al muretto grazie agli alberi, o all’asilo nido o sotto gli archi, e chi non trovava spazio si rifugiava nel palazzo degli uffici o nell’atrio delle scuole elementari, in estate come in inverno, perché non vi era niente che li fermava a rimanere nel loro posto preferito, ne il giorno e ne la notte, ne il caldo e ne il freddo di quello pungente che decorava lo zampillo di cascate di ghiaccio, semmai l’acqua l’avessero tenuta aperta.
Foto di Vincenzo Sarubbi |
Tutto ciò che dico non è inventato.
Chiaromonte negli anni 80 era cosi, cumuli di ragazzi e di giovani turisti in visita dalle famiglie che riempivano ogni spazio possibile, dallo zampillo al monumento, dal chiosco ai bar in piazza, da mattina a sera, e senza tregua.
Prima dell'ultimo restauro |
Ad un tratto accadde qualcosa.
Tutto intorno cambiò.
La magia che lo caratterizzava parve in uno schiocco svanita.
Nessun ragazzo più seduto sulle panchine o sulle scale, nemmeno al guard rail o sul muretto, e il vuoto totale ai bordi della strada.
Anche lo zampillo rimase coinvolto nel periodo nero che ancora oggi colpisce i piccoli paesi, ma del tempo non ha paura, e nonostante tutto è ancora lì, anche abbellito, e mentre il silenzio ormai fa da padrone, se da lui ti rechi e chiudi gli occhi riuscirai a sentire ancora quelle urla di gioia, le acclamazioni verso chi raccoglieva il pallone nel fosso, e quella musica a palla uscire dagli sterei portatili e dalle macchine che rivedrai parcheggiate, cosi come potrai rivedere i motorini, le biciclette, i treruote in ogni dove, e le scale piene di ragazzi e ragazze, gli stessi che lì si radunavano al mattino per partire verso chissà quale luogo, e questo perché lo zampillo non è un posto qualunque, è il deposito di migliaia di ricordi che custodisce gelosamente, perché lo sa che la storia si ripete, che tutti quei giovani possono tornare a renderlo nuovamente vivo… e attende, proprio come una madre attende il ritorno dei propri figli.
Non è solo un pezzo di cemento.
È storia, la nostra. E che storia.