Arriva Pasqua.
Un tempo non era per niente come oggi, né per grandi e ne per piccini.
Tradizione, devozione e desiderio, tre cose fondamentali portavano questa festa ad essere quasi o alla pari del Natale.
Si cominciava ancor prima delle Palme, con la creazione dei lavurièllë Pasquali da portare in Chiesa per il Sepolcro.
Donna ca puzèië Foto dal web |
Arrivava la settimana Santa.
Si preparava u cruscèndë (anche una settimana prima), il lievito madre, e il mercoledì si impastava lasciando riposare il tutto fino al mattino seguente, quando sarebbero stati preparati i Pëccëllætë, i Pùpë e i Trastanièllë.
Si preparava u cruscèndë (anche una settimana prima), il lievito madre, e il mercoledì si impastava lasciando riposare il tutto fino al mattino seguente, quando sarebbero stati preparati i Pëccëllætë, i Pùpë e i Trastanièllë.
Vi era però una scaletta importante da seguire per la devozione quando si sfornava, ed era questa:
Il primo pëccëllætë era per Gesù Cristo;
Il secondo per il Capofamiglia;
Il terzo per la Madre;
I quarti, pùpë e trastanièllë, per i figli;
gli altri che rimanevano si spendevano "pë l'àrië da Mëserëcòrdië".
Questa era la realizzazione del tipico pane Pasquale di Chiaromonte e non solo, con anche le varianti dolci.
Prima di lasciarvi alla lettura di questa nuova storia raccontataci da Giovanni Monaco, per chi non lo sapesse:
u Pëccëllætë è il classico pane Pasquale a forma di ciambella che contiene almeno tre uova;
a pùpë è una treccia che rappresenta un fagotto che protegge un neonato, e l'uovo, uno solo, rappresenta il viso o la bocca, ed è destinato alle femminucce.
u trastanièllë ë un pëccëllætë piccolo quasi ovale e con un uovo solo, destinato ai maschietti;
u tòrtënë o turtanièllë è sempre u pëccëllætë, ma spesso identifica quello senza uova.
Vi lascio alla lettura...
G.D. Amendolara