Storie di Copertina

Storie di copertina

Dë stë tièmbë ‘ndi cæsë accëdiènë u puòrchë. Le famiglie radunavano amici, compari e parenti per una festa di buon augurio per quel sacrificio che serviva a sfamarli per un anno intero. “Cu puòrchë cë stæië buònë n’ànnàta sànë” dicevano, con dovuta ragione, perché del maiale non buttavano via niente, nemmeno le ossa da farci la gelatina e, da tradizione, da mettere nel brodo il lunedì di Carnuværë. Puòrchë e Carnuværë viaggiavano tëttùnë, due tradizioni parallele che accompagnavano i giorni dei rigidi inverni di un tempo non tanto lontano. Le famiglie banchettavano, le maschere festose e canterine cu cùpë cùpë bussavano alle loro porte per partecipare o avere qualcosa in dono. “Tènghë na vëgnëcèllë a Sàndë Vìtë, Sàndu Martìnë quànt’è carëcætë” e accummënzævë a fèstë che durava sino al martedì grasso, Carnaluværë, il giorno dell’abbuffata pùrë pi pòvërièllë, perché a quei tempi almeno na puppèttë purë lòrë avièna assaggiæ’.

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Passætë u Sàndë fërnutë a festë




di G.D. Amendolara
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Storia inserita in Archivio > Chiaromontesi raccontano
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Questa storia è inserita nella rubrica NOSTALGIA DEGLI ANNI 80
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Il vuoto…
Questa la sensazione che si provava al risveglio il 30 agosto.
Della festa rimanevano i scòrzë 'ndèrrë di nucèllë e di lupìnë, l’odore dei fuochi d’artificio nell’aria già intensa di nostalgia e la mancanza delle luci tolte via la notte.
Nelle locandine dell’agosto Chiaromontese e nelle chiacchiere in piazza e nei locali la festa continuava a rimanere in vita, mentre il paese man mano si svuotava dei migranti rientrati, e tra lacrime e speranza di rivederli, sul paese pareva arrivare già l’autunno.
L’animo festoso dei ragazzi aveva culminato la sua carica.
Il giorno dopo San Giovanni ad agosto non poteva paragonarsi a quello di giugno, dove la scuola era terminata, mentre qui si intravedeva l’alone delle sue porte aperte.
Passato San Giovanni, passata la festa, finita l’estate.
I cantieri riaperti. Gli ultimi fischi dei mastri sulle impalcature prima dell’arrivo del primo freddo, proprio come quello delle rondini che si apprestavano a lasciare il cielo di Chiaromonte per emigrare verso luoghi più caldi.
Ricominciava la vita di paese
Treruote, trattori, camion e ciuccë prendevano il posto del via vai delle macchine dei turisti per riempire strìttuwë e catuòië di legna per affrontare i rigidi inverni di quegli anni.
L’unico ancora a resistere per qualche settimana sarebbe stato il palco in piazza, quello fatto dë tubbë e tavëllunë, fermo lì come un diario dalle pagine riempite di bei ricordi, creando in ognuno un miscuglio di gioia e nostalgia che caratterizzavano quei giorni.
In verità, serviva anche per fare accomodare i giocatori di carte che non entravamo nel bar dë Cacchiònë.



Finiva così agosto negli anni 80.
Passætë u Sàndë fërnutë a festë non diveniva solo il classico detto del dopo festa, ma racchiudeva mille emozioni, proprio quelle vissute nei giorni appena passati, e vi assicuro, erano veramente intense.


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