Ottobre 2024 mese dedicato a Zë Giuànnë “u ‘Mbrònë” Cuccarese

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San Giovanni e noi ragazzi degli anni 80 (e anche 90)


San Giovanni 1987 - Archivio fam. Franco Amendolara¹

di G.D. Amendolara
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Storia inserita in Archivio > Patroni, Santi e Religione
Tempo lettura stimato: 2 min



Le campane rintoccavano le nove.
La grancassa richiamava a se l’attenzione di tutta la banda.
Da lì a poco, con a capo il comitato feste, si sarebbero divisi in due gruppi per l’ultimo giro di questua in paese e anche nella fiera.
Risuonavano i rumori metallici delle ultime baracche in allestimento. Già dalla sera prima spezzavano il silenzio della notte.
La fiera aveva inizio sopra lo Spirito Santo. Saliva dividendosi in due allo zampillo, da una parte fin sotto la posta (che aprì a fine anni 80) e dall’altra fino in piazza.
Non lasciavano alcuno spazio libero, nemmeno davanti al cancello dell’ospedale.
U saracærë sempre alla scala da còstë, i venditori che cominciavano ad urlare le loro offerte ai primi che popolavano la fiera. 
U frangavëllèsë chi nucèllë sempre faccëfròndë allu bar dë Nëcòlë.
Šcasciònë - 1982
Šcasciònë già la sera prima aveva posizionato il furgone alla pensilina in piazza, ma non vendeva più i gnummarièllë, ma i giocattoli per noi bambini e ragazzini di allora, che facièmmë iastëmà i gèndë nuòstë pë ni fæ accattǽ.
Gli sterei dei marocchini creavano il caos, tra tarantelle, canzoni neomelodiche e di moda in quell’epoca in quelle bancarelle dove ci spingevamo per poter trovare la musicassetta che tanto cercavamo e che speravamo di poter avere nostra a 3000 lire, perché avere le originali era vera utopia.
Se non potevamo avere cassette e giocattoli riuscivamo ad accontentarci du panìnë cu sauzìzzë addò a Mìllë o addò u gàttë, sperando anche che i nostri genitori prenotavano un pollo allo spiedo, divenuto ormai tradizione culinaria della festa.
Vedevi gente che trasportava decine di buste piene di acquisti. Alcuni di loro chissà quante volte avranno percorso il tragitto per portarle in macchina o a casa, perché l’unico momento per trovare occasioni e fare acquisti extra era solamente durante le fiere dove trovavi di tutto, dalla ferramenta al bastaio, dal caseario al marocchino e i venditori di calze.
A mezzogiorno la banda, al ritorno della questua, dopo essersi rinfrescata nei bar in piazza stracolmi di gente, si radunava per i classici quattro-cinque pezzi, ma non all’interno della cassa armonica invasa dai bambini intenti a giocarci, mentre un incredibile via vai di gente entrava e usciva dalla chiesa per il saluto al Santo.
Giugno 1987
Nel primo pomeriggio i ragazzi riempivano il corso dove erano bancarelle di altre decine di marocchini, sub sahariani, paninari, camion di tiro a bersaglio e altri giochi, tra i quali quello dove vincevi sterei e biciclette, per andare poi al classico Luna Park² che si appostava al campo sportivo, mentre alle 17.00 dal campanile partivano impazzite le campane suonate da uomini che continuavano la loro missione iniziata sin dall’adolescenza, e il Santo usciva.
Rientrata la processione la gente rimaneva confluita tra le bancarelle, almeno sino al richiamo della grancassa, proprio la stessa che al mattino dava inizio alla festa, e che alle 21.00 richiamava l’attenzione per l’inizio del concerto in quella cassa armonica che abbelliva e trasformava la piazza con i suoi colori e la sua bellissima fattura, concludendosi con la consegna di un mazzo di fiori al Maestro da parte di una ragazzina, di solito figlia di un membro del comitato feste.

1987

Finito il concerto poco restava della gente presente, sparsi tra i paninari e un ultimo tentativo per vincere qualcosa al camion dei giochi.
I rumori metallici delle ultime bancarelle che smontavano spezzavano il silenzio della notte, indicando che San Giovanni era finito, “passætë u Sàndë, passætë a fèstë”, ma per noi ragazzi degli anni 80 e anche 90 significava l’inizio dell’estate e tutto il bello che veniva a seguire, e tempo per la nostalgia non ne avevamo.


Nota: 
1) a San Giovanni in giugno la statua viene portata spesso senza la caggia. Nella prima foto venne fatta eccezione in quanto, se non erro, era la prima dell'allora parroco Don Vincenzo Lo Frano.
2) almeno sino alla fine degli anni 90, classico era l'arrivo del Luna Park in paese, che si appostava o nella strada del campo sportivo, o al campetto delle scuole medie.

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E pùrë goië pìscë a gallìnë

Di G.D. Amendolara
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Storia inserita in Archivio > Tradizioni
Tempo di lettura: 2 min.


Questa che stai per leggere è una storia esclusiva di
Chiaromonte e le sue Storie






O lavastrùnë
Foto Agnesina Pozzi
Giugno,
il mese della pioggia pomeridiana, proprio come quella di maggio che rendeva l’estate gradevole e non calda come quelle degli ultimi anni.
Puntuale, quasi tutti i giorni, tra le tredici e le quattordici, un tuono in lontananza faceva esclamare a papà “e pùrë goië pìscë a gallìnë”, un modo di dire Chiaromontese quasi del tutto perduto, ma sempre presente a casa mia.
Poche le volte che la si vedeva sfiorare il paese, cadendo sul Sinni o su Caramola, ma se di solito scendeva dolce, bastava un fulmine e “apriti cielo”, e a garavièllë l’avrebbe gettata, che o lavastrùnë avrebbero bloccato tutti in casa.
Di rado, però, al rumore della pioggia e del fruscio dell’acqua che scorreva copiosamente, un ticchettio appëzzutævë o rècchië di tutti, ed era la grandine che faceva il suo ingresso.
“Povërë Crìstë” esclamava la nonna, rivolta ai contadini che duramente lavoravano agli orti che cominciavano a dare i loro primi frutti, perché, seppur non una grandine di grosse dimensioni (la ricordo sempre piccolissima) se abbondante i suoi danni ai raccolti li avrebbe provocati ugualmente.
A quel punto, sia la nonna che papà e mamma, radunavano noi piccoli alla porta e praticavano un rito:

"Si narra che al cadere della grandine gli adulti ne raccolgano dei chicchi per farli poi mangiare ai bambini.
Una volta messo il chicco in bocca, col segno della croce e le loro anime pure e senza peccato, avrebbero scongiurato il peggio".


Un rito di origine antichissime che non riesco a trovare in alcuna ricerca, ma che attuavano anche i miei nonni paterni e non solo, che faceva sentire noi bambini come supereroi pronti a salvare il mondo e che oggi è del tutto perduto, uno dei tanti che un tempo facevano parte della nostra gente, della loro quotidianità che qui raccontiamo e ricordiamo affinchè nulla più vada perduto cosi che ritorni l’orgoglio di appartenere ad un popolo, quello Chiaromontese, uno dei più antichi della storia del Mondo.


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