Maggio 2024, Chiaromonte e le sue Storie dedica il mese ai lavoratori Chiaromontesi

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Màstrë e putèghë. I falegnami di una Chiaromonte che non c’è più – prima parte

Di Pinuccio Armenti
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Storia inserita in archivio > Chiaromontesi raccontano


nota: in questa storia non ho apportato alcuna correzione nelle parole in dialetto, e tantomeno nel modo di scrivere.
Pinuccio manca dal paese da sessant'anni, gli stessi in cui vive in Germania, e desidero che tutti voi siate testimoni del suo amore immutato verso il nostro paese, il più bello del mondo.



Màstë Luìggë Mustàzzë
e suo figlio Peppino


Cari Amici e Compaesani.
Oggi vi parlo di un altro mestiere che a Chiaromonte non si usa più: il falegname.
Negli anni 50 e nei principi degli anni 60,finché sono stato a Chiaromonte, erano tanti i falegnami, e tanti che lo volevano diventare.
Ma andiamo con ordine.
Giuseppe Breglia, “màstë Pèppë”,
mastro di tutti i falegnami Chiaromontesi del 900,
nonché autore di alcune opere lignee presenti
nelle due Chiese nel paese

I primi che mi vengono in mente nei miei ricordi sono Mast Peppe Breglia, papà di Mincuccio Breglia che fu il mio maestro di scuola. Quando avevo 6 o 7 anni me lo ricordo appena. Lui ormai aveva lasciato perché era già anziano. Aveva avuto tanti discibuli tra i quali Mast Luigi Mustazz e mio zio Umberto Armenti, di sopranome Mazzocculo, solo che mio zio non lo fece tanto il falegname perché si sposò e se ne andò ad Alessandria a fare il bidello nelle scuole medie.
Mast Luigi Mustazz, che io chiamavo zi Luigi, uno perchéera nu christienchiugrann, e poi perchéera grande amico di mio zio.
Lui aprì bottega e fece sempre il falegname. Io ricordo ca a butega è stet semb sott a ches di donna Filomena De Nigris, nu picche chiu adaut du Muro da Porta.
Non ricordo il nome della via, però u vero Chiaramondese u sepe dove è.

A putèghë dë Màstë Luìggë Mustàzzë
in via Francesco Leo

Màstë Giuànnë Pëzzòllë 
Nella via più sopra, se non sbaglio via Giuseppe di Giura, c'erano altri due falegnami, quasi porta a porta senza paura di concorrenza.
Mast Antonio Manzuet, anche lui già di una certa età, e quasialla porta accanto c'era Mast Giuann Pezzolla,che era il papà di Armando Sergio.
Un pò fuori mano, sotto a Chiazzoll, c'era un altra bottega. Li aveva la falegnameria Aleardo Murro.
Io ricordo bene Aleardo Murro ed i suoi figli Giovanni ed Arnaldo, però non ricordavo dove era a buteg. Mi è stato riferito.
Allora lavoravano tutti e potevano mantenere le loro famiglie.
Poi nella via dove abitava il dottore don Arnaldo Spaltro, sotto il palazzo delle signorine Leo, di fronte alla casa di Attilio Murro c'era ancora un altro falegname,Mast Saverio u Francavillese che aveva sposato un signora di Chiaromonte,una certa Carolina Grandinetti figlia di zi Giuann. Non chiedetemi chi èperché non lo so. A me è stato riferito.
Per un paesino come il nostro era tanta roba.
Questi erano i Mastri che avevano na butega.
Cosa costruivano? Mobili di quei tempi. Cristalliere, comò, comodini ,armadi, tavoli, tondini, sgabelli, letti, finestre, porte, bagugli, casse per metterci il grano, tiretti, cassetti e tante altre cose che servivano in casa .
A quei tempi non c'erano tanti macchinari o meglio, c'erano ma costavano un sacco di soldi e quindi si faceva quasi tutto a mano.
I fierri (gli arnesi) che usavano erano tanti.
Incominciando da diverse tipi di seghe con nomi specifici che io non conosco, poi si passava alla chian (la pialla), u chianuozzuwi (il pialletto), a spinarola (spunteruola ).
Poi si usavano i scarpiell (scalpelli) in diverse grandezze; da 3 mm fino a 42 mm per fare incastri.
Poi c'erano i sgurbii (gli sgorbi) in diverse forme, tonde, mezze tonde, a mezza luna, a forma di U e V.
Senza parlare di raspe, lime e tanti altri utensili.
Poi ci serviva la colla, ma era una colla speciale. Si chiamava la Colla pesce. Erano delle lastre uguale al vetro di colore giallo scuro quasi marrone. Si rompeva a pezzettini piccolissimi e si mettevano in un secchiello. Poi c'era un secchiello più grande pieno di acqua e li si metteva quello più piccolo con la colla.
Quando l'acqua bolliva la colla diventava liquida e così si poteva usare. Pero' induriva subito e bisognava sempre ribollirla.
Allora i mobili erano tutti di legno, e non di panforte. Qualcosa si faceva anche in compensato.
I legni duri come faggio, acero, quercia o rovere, erano per mobili che venivano più strapazzati come tavoli, letti, mentre l'abete si usava più per armadi, finestre e forse anche porte.
La cosa bella era che quasi tutti i figli di Mast hanno imparato il mestiere dei padri.
Solo i figli Mast Peppe Breglia sono diventati Maestri di Scuola.
Cosi incominciamo a parlare di discibuli.
Giovanni ed Arnaldo Murro hanno seguito le orme del papà Aleardo.
Anche un figlio di Mast Antonio Mansuet, Emanuele, ha incominciato dal papà. Però mi ricordo che poi non ha finito di imparare.
Anche un figlio di Mast Giovanni Pezzoll, Mario, diventò falegname.
I figli di Mast Luigi Mustazz erano tanti e tutti falegnami. Non so se Luciano, che volò in cielo troppo presto, anche lui aveva incominciato. Io l'ho conosciuto poco perché ero già in Germania.
Però Antonio, Enzolino, Peppino e Francuccio hanno imparato il mestiere del papà.
Non so se Mast Saverio u Francavillese avesse dei figli, però mi ricordo bene che aveva una squadra di discibuli. I fratelli Nicola e Antonio Donadio, Alfredo Battista, Umberto Mandillett, Antonio Ciancio, Mincuccio Infantino cugino del barbiere e Cocò u figlio di Faluzz u Barrist, dimenticavo, Peppino Lauria.

Continua...


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