Ottobre 2024 mese dedicato a Zë Giuànnë “u ‘Mbrònë” Cuccarese

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La tradizione della notte dei morti


“è di vivë ca t’eia ‘mbaurǽ,
chi muòrtë onn’ènnë mæië
fattë mælë a nësciunë”

Modo di dire Chiaromontese



Questa che stai per leggere è una storia esclusiva di
Chiaromonte e le sue Storie




di G.D. Amendolara
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Storia inserita in archivio > Tradizioni



Primo novembre.
Il fumo già usciva dalle bocche dei camini.
La neve, seppur poca, imbiancava le cime delle montagne.
La vendemmia era terminata. Ci si preparava alla raccolta delle olive, che spesso coincideva con il giorno dei morti.
Come di consueto si sarebbe celebrata la messa per il giorno di Ognissanti, e io e le mie sorelle insieme alla nonna avremmo partecipato, anche perché ci teneva che almeno alle funzioni principali dovevamo essere presenti, e a dire il vero, lo facevamo con piacere.
Arrivammo in anticipo, proprio mentre la Madre Superiora recitava il rosario insieme ai pochi presenti, perlopiù donne.
Noi e la nonna, 1990
Trovammo facilmente posto, ma poco dopo la Chiesa si riempì all’inverosimile, proprio come le domeniche e i giorni di festa, nonostante l’orario.
Terminata la funzione rientrammo, e di li a poco saremmo andati a tavola per la cena.
Passammo la serata nel più semplice dei modi, guardando un film tutti insieme mentre la nonna accanto al camino lavorava ai ferri.
Tutti insieme solitamente andavamo a dormire, come anche quella sera, con la sola eccezione che qualcosa di particolare attirò l’attenzione di noi piccoli.
Pronti per salire alle stanze vedemmo mamma che rimetteva la tovaglia sul tavolo, coprendone però solo una piccola parte. La nonna vi poggiò un piatto, dove mise dei mandarini, delle noci e delle fette di pane, e un bicchiere e una bottiglia di acqua e una di vino.
Infine papà prese la candela che le passò la nonna, l’accese e la fermò con la sua stessa cera colata sul fondo di un mussolini che aveva apposta capovolto.
Curiosi chiedemmo cosa stesse accadendo, se avessimo dovuto rimetterci a tavola, al che la nonna ci spiegò:
“Chissë so cùndë andichë
Stanotte i morti faranno ritorno nelle loro case, dai loro cari, e quando saranno arrivati, stanchi del lungo viaggio, troveranno qualcosa che li sazi cosi da rimettere forza per il ritorno”.

Cosa? Avevamo capito bene? Quella notte i morti sarebbero passati per casa nostra mentre noi dormivamo?
Fu cosi che la curiosità si mutò in paura.
Spensero la luce.
“Pë l’anëmë du Prugatorië”
pronunciò la nonna.
Salimmo, e come saette ci infilammo sotto le coperte, sperando di trovarci protezione da quell’invasione inaspettata e per niente ben accetta.
Al mattino, svegliatici (avevamo dormito come ghiri e come se nulla fosse), scendemmo in cucina pronti per la colazione, e notammo subito che in tavola non c’era più nulla di quello che avevamo lasciato la sera prima. A quel punto Mamma, viste le nostre facce, ci confermò che i defunti erano passati e avevano mangiato e bevuto per poi ripartire.
In quel momento fummo assaliti da un brivido freddo, ma per capire come andarono realmente le cose dovemmo aspettare qualche anno…

Il rito della tradizione dei morti, come si svolge a Chiaromonte (e in gran parte della Puglia e della Calabria) ha origini assai antiche, sicuramente collegata all’invasione romana.
Il banchetto si prepara tra la notte del primo e del due novembre con frutti di stagione, pane, qualche delizia che i nostri cari adoravano in vita e delle bevande, illuminati dalla sola fiamma della candela, e vengono poi consumate al mattino o nell’arco della giornata, pronunciando sempre “all’anëmë du prugatòrië” o “all’anëmë di muòrtë”.
Una famosa frase dice: La tradizione non consiste nel conservare le ceneri ma nel mantenere viva una fiamma.
Questa fiamma a Chiaromonte è quasi estinta.
Chiaromonte e le sue Storie rinnova quest'evento ogni anno, perché tradizione proviene dal latino traditiònem, ovvero consegnare, trasmettere, e questa è la nostra missione, far si che nulla si dimentichi, far rivivere anche ciò che ormai è divenuto cenere, perché senza ciò che è stato, affrontare ciò che sarà diverrà più difficile, e la storia tutto questo ce lo ha insegnato e ce lo insegna ancora, anche a care spese.



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