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BEATO GIOVANNI DA CARAMOLA: intervista al prof. Giovanni Percoco

I MISTERI DEL BEATO GIOVANNI

Di Fabio Amendolara

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IL QUOTIDIANO DELLA BASILICATA
edizione del 23 agosto 2009 - pag. 17



CHIAROMONTE - Per anni è passato inosservato. Stava lì, in un angolo della chiesa, nella sua urna di legno decorata. Mai un ricordo, né un accenno al suo nome. I più anziani l'avevano quasi dimenticato. I più giovani non sapevano neanche che esistesse. Oscurato, forse, dalla figura di san Giovanni Battista, patrono del paese. Del beato Giovanni da Caramola, nato a Tolosa verso il 1280, giunto a Chiaromonte nel 1300, si interessavano in pochi. Tra questi c'è il professore Giovanni Percoco. Sono sue le prime ricerche, i primi studi. Poi, di colpo, il beato Giovanni è tornato di moda. Qualche pubblicazione, articoli di giornale, la ristrutturazione del suo eremo. E nel 2002 è ripartita celebrazione di una festa.



Professor Percoco, lei ha scritto molto sul beato Giovanni da Caramola. Una sua biografia fornisce notizie storiche sul suo ufficio, contenuto in un messale proveniente dall'abbazia cistercense di santa Maria del Sagittario di Chiaromonte. Da quanto tempo si interessa a questo personaggio?

Prima del 1997 avevo steso un piccolo saggio su Giovanni da Caramola. Era l'anno in cui con il professore Antonio Giganti, allora docente di storia medievale preso l'Università di Bari, preparavamo il convegno sui 550 anni dalla nascita di Francavilla sul Sinni. Io facevo parte del comitato scientifico. Quando il professor Giganti a casa mia vide il mio dattiloscritto, in presenza anche del parroco di Chiaromonte don Vincenzo Lofrano, mi chiese di partecipare al mio lavoro e io fui felicissimo, perché potevo fare affidamento sulla sua competenza.

Si trattava di un abbozzo di studio?


Certo; il titolo era "Il Beato Giovanni da Caramola, uno spirito inquieto fra eremo e cenobio". Da questo studio ho estrapolato poi un sunto che formò il mio saggio "I luoghi della contea di Chiaromonte dove visse il Beato Giovanni da Caramola" pubblicato nel 2003.


Ricordo alcuni suoi contributi su Giovanni da Caramola su riviste anche straniere.


I miei contributi storici figurano negli atti di un convegno tenuto a Clermont de l'Oise, in Francia, il cui tema era "Colloque Franco-Italien, Clermont, Chiaramonte, Chiaromonte, Trois villes Héritières des comtes de Clermont", nel 2000, mentre i contributi critici e filologici sono stati pubblicati nel 2002 a Brecht in Belgio, nella rivista internazionale dei Cistercensi della stretta osservanza di Pontigny in Borgogna, Cîteaux -- Commentarii Cistercienses, nella quale annunciavo una scoperta interessante, vale a dire una difformità notevole fra il testo dell'Ufficio di Giovanni riportato nel Messale Cistercense di Chiaromonte e quello riportato negli Acta Sanctorum di Agosto i quali omettono ben 109 righe.

Una simile scoperta ha avuto una risonanza negli ambienti ecclesiastici?


Non saprei. Posso solo riferire che Robert Godding della Société des Bollandistes di Bruxelles, al quale avevo annunciato la mia scoperta, il 3 settembre 2001 mi scriveva: «Se l'Ufficio da Lei scoperto è veramente inedito, come pare, una pubblicazione potrebbe essere interessante» e concludeva «a questo punto non posso che incoraggiarla a proseguire il lavoro».


I Cistercensi d'Italia hanno saputo della sua scoperta?


I Cistercensi di Casamari hanno accolto nella loro rivista un mio lungo articolo.


Nella sua monografia sul Beato lei propone molte note critiche che vanno dall'analisi del testo all'abito dei conversi, alle calzature che mancano nell'immagine del Beato, a errori di autori che hanno fatto confusione fra cistercensi e certosini. Sui siti internet non appare nulla di tante particolarità di cui lei ha scritto.


Le assicuro che alcuni siti disinformano e non informano sul Beato, e non solo i siti, ma anche i libri. La verità fa onore al personaggio e non le false notizie. A pagina 12 del volume Basilicata Cistercense a cura di Pietro Dalena, delle edizioni Congedo (Galatina), si dice che «Giovanni da Tolosa, ossia Giovanni da Caramola, fu abate del Sagittario e vescovo di Anglona tra il 1333 e il 1338» e nello stesso testo si sostiene che Giovanni era un converso, cioè un religioso che non era nemmeno ordinato sacerdote.

E il culto tributato al Beato?


Innanzitutto le dico che nel calendario liturgico del messale cistercense al 26 agosto è segnata la commemorazione del beato e nel messale al folio nono è riportato il rituale della Missa hujus Sancti Viri. Giovanni nel messale è sempre chiamato beato, ma nessuno sa quando è stato beatificato. Pertanto fin dal secolo quattordicesimo è stato venerato.


A quale titolo allora è venerato e chiamato beato?


Nel 1171-72 papa Alessandro terzo scriveva a Kol, re di Svezia, riferendosi a un nuovo culto che non era lecito venerare pubblicamente una persona senza l'autorizzazione pointificia. E nel 1234 la riserva pontificia di canonizzazione diventò legge ufficiale della Chiesa, come si legge in la Beatificazione, storia, problemi, prospettive dell'autorevole Fabijan Veraja, pubblicato dalla Sacra congregazione per le cause dei santi, (Roma, 1983).


Quest'anno le famiglie di Chiaromonte hanno ricevuto una lettera pastorale dell'ordinario diocesano monsignor Francesco Nolè che promuove il culto del beato, ma nel documento non appare alcuna disposizione pontificia che lo autorizza. Eppure nella messa a Chiaromonte con gli altri santi adesso è nominato anche il beato.


Non so se il culto locale di un santo o di un beato può essere autorizzato dall'ordinario diocesano. Il più autorevole biografo di Giovanni da Caramola, Gregorio de Lauro, nella vita del beato, al capitolo 15 scrive: «Quando il suo corpo fu elevato agli onori degli altari non v'è memoria d'uomo». Tuttavia qualche tempo fa promisi al vescovo Nolè che mi sarei industriato per fornire documentazione certa che assicurasse circa il culto del beato. Ho ripescato, come suol dirsi, fra le mie carte il mio citato studio di 46 facciate dove riporto un decreto di papa Alessandro settimo emanato il 27 settembre 1659 e pubblicato il 3 febbraio del 1660 che autorizza a venerare i beati e i santi fino ad allora ritenuti tali a delle condizioni particolari in cui si ritrovava il beato Giovanni che, perciò, è un beato a tutti gli affetti.

Dunque fin dal 1659-1660 il culto del Beato Giovanni risulta autorizzato.


A mio avviso la normativa moderna riguardante la beatificazione come atto amministrativo del romano pontefice e la canonizzazione, come factum dogmaticum non inficia la normativa precedente, e al di là di tutte queste problematiche c'è da augurarsi che succeda il vero miracolo, che sarebbe quello che farebbe di Chiaromonte la città del Beato Giovanni.


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