Procuratore Generale e
giornalista il primo,
pubblico amministratore il secondo,
i due fratelli trovarono fortuna e successo lontano da casa.
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pubblico amministratore il secondo,
i due fratelli trovarono fortuna e successo lontano da casa.
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di Lucio Vitale
Carlo Vicario |
Qualcuno risulta anche sul famoso
motore di ricerca “Wikipedia” come i fratelli Vicario, originari proprio di
Chiaromonte.
Francesco e Carlo Vicario nacquero
nel periodo successivo ai moti rivoluzionari del 1848. Anni caldi si può dire.
Il primo a venire alla luce
dall’avvocato don Carlo Vicario e da Rosaria Annamaria Favoino fu Francesco, il
30 agosto 1856, e venne battezzato nella chiesa di San Tommaso il 3 settembre
1856.
Due anni dopo, ovvero il 14
agosto 1858, nasceva Carlo. Il 15 agosto 1858, nella stessa chiesa di San
Tommaso, veniva battezzato Carlo.
Entambi quindi chiaromontesi,
figli di quelle famiglie modestissime borghesi, numerose nella nostra poverissima
terra che nella ristrettezza delle loro risorse economiche compivano sacrifici
indicibili per dare ai loro figli una posizione sociale dignitosa e conforme
alle loro tradizioni intellettuali.
Francesco si laureò in
ingegneria e Carlo continuò la professione paterna, ovvero divenne avvocato.
Carlo è sicuramente quello
che porterà più lustro alla famiglia. Il suo ingegno vivacissimo e versatile
gli permise di compiere contemporaneamente gli studi classici e tecnici prima a
Potenza e poi a Salerno e di conseguire la licenza liceale e dell’istituto
tecnico.
Laureatosi brillantemente in
giurisprudenza e scienze sociali, avrebbe, con immancabile successo, data la
sua solida preparazione culturale e le sue brillanti qualità di facile ed
elegante parlatore, affrontato il libero agone dell’esercizio professionale, se
le disagiate condizioni economiche della sua famiglia non l’avessero posto
nell’impossibilità, come la maggior parte dei giovani del nostro sud, di
superare l’inevitabile periodo, a volte anche non breve di tirocinio che
quell’esercizio richiede. Fu così che per il bisogno di guadagnarsi al più
presto la vita, si decise per le carriere amministrative e fra queste abbracciò
una delle più dignitose, vincendo, primo, il concorso per esame alla Corte dei
Conti, dove ben presto conseguì per merito il grado di sostituto procuratore
generale e indì quello di Procuratore Generale. Più tardi, per necessità della
Corte, dovè passare alla carriera giudicante.
Ma il suo spirito geniale e
poliedrico non si appagò dello studio delle discipline giuridiche e sentì il
bisogno di slargarsi nei più campi della coltura letteraria, filosofica e
sociologica.
Pur non trascurando le cure
del suo altissimo ufficio, ch’egli adempì sempre con scrupolo e fervido zelo,
non rimase insensibile alle correnti vive della realtà politica e sociale del
paese ed esplicò una notevole attività nel campo del giornalismo quotidiano.
Fu apprezzato redattore della
“Gazzetta d’Italia” e del “Giorno”, e soprattutto fu
uno dei maggiori esponenti della allora potente Massoneria.
La sua speciale competenza
nelle questioni economiche e bancarie fece ch’egli fosse oratore ascoltato e
seguito nelle assemblee delle Società di credito ed economiche, che lo ebbero
collaboratore nei loro consigli. Così fu sempre sindaco della Banca d’Italia, e
sindaco della Banca Generale, della Società elettrica “La Maira ”, della Società per
l’esportazione oli minerali di Genova, della Società per le costruzioni ferroviarie
delle Puglie e di altre società.
Proprio a Genova conobbe e
sposò il 7 novembre 1892 Maria Mazzini, cugina del famoso personaggio
risorgimentale Giuseppe Mazzini. Donna Maria, era figlia di Giovan Battista,
nata il 1866, e proveniva da una famiglia ricchissima.
Dalla loro unione nasceranno 2 figli: Luigi Riccardo il 27 luglio 1895 e il
19 giugno 1900 nasceva Pia. Entrambi furono primi cittadini di Pereto. Riccardo
ricoprirà ininterrottamente il ruolo di Podestà di Pereto dal 1931 al 1943. Pia
dal 24 giugno 1951 al 1955 e dal 16 giugno 1956 al 1960.
L’agiatezza, però,
sopravvenuta dopo il matrimonio non gli fece perdere quelle abitudini di
modestia e di frugalità che costituirono forse la più spiccata caratteristica
degli uomini della nostra terra.
Mediante la sua non comune
perspicacia e naturale parsimonia poté costruire un vistoso patrimonio ai suoi
figli Riccardo e Pia, specialmente a Riccardo il quale, seguendo il nobile
esempio paterno, dopo aver fatto il suo dovere in guerra quale tenente di cavalleria,
ed essersi conquistata la Croce
al merito, anziché godersi in ozio il frutto delle sostanze familiari, esercitò
con passione e successo la professione di avvocato, dimostrando così di essere
in condizione di poter vivere con il suo lavoro. Nel
1897 i Vicario si spostarono a Pereto in provincia dell’Aquila anche se non se
ne conoscono i reali motivi.
Francesco Vicario |
Quello che si sa
è dovuto alle vicende di Antonio “detto Totò” Maccafani, ex segretario comunale
di Pereto. Questi, a causa di un dissesto finanziario, il 16 giugno 1897,
vendette tutto il suo patrimonio alla famiglia Vicario-Mazzini, la quale ne
prese possesso il 24 giugno 1897. La vendita comprendeva oltre 200 ettari di terreno e
relativi fabbricati. Dal Maccafani verrà acquistato anche una parte del castello
di Pereto, che gli eredi di Carlo venderanno nel 1968.
Con il loro
arrivo a Pereto, Carlo e Francesco fecero subito parte del consiglio comunale e
si diedero da fare per gestire il paese. A fronte delle loro azioni intraprese
verso il comune di Pereto, il consiglio comunale propose ed approvò il
conferimento della cittadinanza onoraria ai 2 fratelli il 14 settembre 1902.
Per quanto
riguarda Francesco, nel 1903 gli venne conferito il titolo di Cavaliere del
Regno d’Italia e una pergamena a nome del comune e delle sue frazioni, come
stima dell’operato svolto da Francesco, in qualità di sindaco del paese.
Prima Francesco e
poi Carlo, infatti, hanno ricoperto il ruolo di primo cittadino del comune di
Pereto. Saranno sindaci nel momento in cui iniziava il Novecento, con le varie
innovazioni e gli strascichi del secolo precedente. Uno dei problemi più sentiti
dalla famiglia fu la sepoltura. Nel 1897 Carlo inoltrò una richiesta al comune
di Pereto al fine di ottenere un pezzo di terreno al cimitero per costruirvi
una cappella di famiglia, richiedendo 30 metri quadrati .
Fatto sta che dopo due richieste e relative delibere non fu costruita alcuna
cappella intestata alla famiglia all’interno di Pereto. Carlo, che risiedeva a
Roma in via Boncompagni, si spense nella citta leonina il 17 marzo 1929 dopo
una breve malattia.
Non si sa dove fu
sepolto inizialmente, perché solo nel 1931 il figlio Riccardo ottenne dal
comune di Roma una concessione per avere sepoltura presso il cimitero di
Verano. Fu eretta una cappella.
Qui iniziarono ad
essere sepolti alcuni esponenti della famiglia a partire da Carlo. Francesco
morì nella propria abitazione in Pereto il 4 giugno 1936. Secondo una lapide
posta sulla loro abitazione in Pereto, fu un certo fratello Giuseppe di
professione avvocato (nato a Chiaromonte nel 1863 e morto a Roma nel 1949) a depositarla
in perenne ricordo del caro estinto. Quindi Carlo e Francesco avevano un
fratello ma di lui si sa poco e niente.
Secondo la
concessione richiesta dal nipote Luigi Riccardo, la sua salma fu tumulata nella
cappella dei Vicario al Verano nel 1949. Nel 1938 il fratello Giuseppe richiese
un'altra concessione sempre al cimitero del Verano e fece realizzare un'altra
tomba, in cui nel 1938 furono trasportate le spoglie di Francesco.
Il 19 marzo 1948 in Roma, in via
Bertolazzi, moriva Maria Mazzini, che verrà sepolta nel Verano, nella cappella
dei Vicario il 23 marzo 1948. Il 19 settembre 1953 in via Boncompagni
moriva Luigi Riccardo e nella stessa casa il 20 luglio 1993 moriva sua moglie Elisabetta
Giuseppina Sottocasa, nobildonna milanese.
La sorella Pia,
morirà a Roma il 22 giugno 1964 e sarà sepolta nel cimitero di Pereto. Se i
fratelli, o uno di loro, sono ritornati a Chiaromonte dopo la loro carriera non
si sa, non ci sono tracce del loro passaggio anche per brevi periodi nel loro
paese natale, anche se la prestigiosa rivista dell’epoca “Basilicata nel mondo”
(1924 – 1927) in una nota biografica menziona proprio Carlo e il suo amore per la sua amata
Lucania. Sarebbe interessante ridare a questi cittadini vissuti altrove e che
hanno portato con orgoglio il nome di Chiaromonte nel mondo, una mostra
fotografica e un breve accenno per ricordarli e farli conoscere alle nuove
generazioni che oggi un po’ si vergognano di vivere nei nostri piccoli centri
lucani o nel Sud in particolare.
Oggi, tramite le
colonne del “Quotidiano della Basilicata”, voglio continuare io questo percorso,
come da qualche anno sto facendo, semplicemente ricordandoli così e chissà un
domani creando un’associazione o un libro che serva per dare un volto ai tanti
emigranti che sono morti con il solito “pugno di terra” del proprio paese nel
comodino, perché la storia ci insegna che si può partire anche per l’America ma
le proprie origini le porti nel cuore fino alla fine dei tuoi giorni.
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