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SETTEMBRE

Di G. D. Amendolara
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Storia inserita in archivio > Storie Chiaromontesi

Il chiosco di sera a metà anni 90.
Foto archivio fam. Amendolara Franco

Com’è strano.
Solo pochi giorni fa dicevano “quànnë vo furnì agustë”, e adesso ch’è passato lo spaesamento regna dappertutto.
Lo sentono anche le ultime rondini che svolazzano in cielo. Il loro garrito non infastidisce più e annuncia il silenzio dei mesi a venire; partono verso luoghi più caldi, noi, invece, restiamo qui dove ci attende chissà quale autunno.
Già da qualche settimana qualcuno indossa indumenti a maniche lunghe.
“Agustë cæpë dë vièrnë” si dice, ma è settembre, e oltre il calendario lo conferma il fresco, soprattutto la sera.
L’ora di cena si avvicina e le giornate si accorciano ogni giorno di più.
Le macchine in strada hanno già i fari accesi. Sono tante e la discesa dell’ospedale è un continuo via vai.
Al chiosco gli ultimi avventori della giornata sono seduti sulle poche sedie all’esterno o sulla ringhiera, sorseggiando una birra fresca o semplicemente scambiando due chiacchiere.
Dall’interno il vocifero lascia intendere le classiche discussioni calcistiche tra Giovanni e i clienti, un classico, mentre al calcetto i ragazzi giocano come se agosto non fosse mai passato.
Che sensazione.
Poca gente in giro.
Passeggiano come sempre. Il corso è sempre frequentato anche a dicembre col freddo che ti entra nelle ossa, ma adesso è diverso, ripeto, è settembre e la sensazione di vuoto ha un peso inevitabile.
L’unica nota positiva è trovare posto per sedersi quasi ovunque, cosi come dove appartarsi senza la paura di essere sgamati da qualcuno, come allo zampillo dove le macchine non mancano mai.
Molte ora sono rifugio di chi qualche settimana prima lo animava. Chi invece siede su quel che resta delle panchine o sulla gradinata, si perde perlopiù in lunghi attimi di silenzio nel ricordo dei giorni appena passati.

Rintoccano le campane. Avvisano che l’ora del rientro si avvicina.
È buio, addio giornate lunghe.
Anche i lampioni, come i fari delle macchine, ora sono tutti accesi.
La piazza si svuota man mano, e la sensazione di vuoto pesa più che altrove.
È sicuramente colpa del palco appena smontato, delle scorze delle noccioline incastrate negli incavi dei sampietrini e dei manifesti del “E… State a Chiaromonte” ancora sparsi tra le mura e le attività commerciali.
Sui tubbë ormai non siede più nessuno, nemmeno sulle panchine, perché il piatto chiama e si torna a casa.
Rientrano Cëccìllë u portalèttërë e sua moglie Rosa. Sino ad ora son rimasti parcheggiati nella 127 sport di fianco alla pensilina, seguiti o anticipati dai soliti che sostano in macchina tra il fruttivendolo e Pierina Puppo.
Chiudono finalmente i negozi dopo aver servito i soliti ritardatari, mentre nei bar e nel tabacchino di Egidio qualcuno ha smarrito la via di casa.
In verità di gente ne trovi in giro anche dopo cena.
Sono perlopiù ragazzi ancora liberi dall’impegno della scuola, e non manca qualche adulto che approfitta del tempo mite prima del lungo autunno che sta per arrivare.
Tra le 22.00 e le 23.00, però, con la chiusura dei bar e di Egidio in piazza, Alberto che passa col motorino dal Purtiello e il rombo della 500 di Giovanni che chiuso il chiosco torna a casa, cala finalmente la notte su Chiaromonte.
Agosto è passato, passætë u Sàndë, fërnutë a fèstë.
Ora è settembre, sono gli anni 90, e il paese rivestito di nostalgia si addormenta con la speranza che agosto venturo arrivi il prima possibile.

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1 commento:

  1. Grazie infinitamente, grazie per aver risvegliato questi ricordi meravigliosi.

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