Maggio 2024, Chiaromonte e le sue Storie dedica il mese ai lavoratori Chiaromontesi

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'Mbærë ch’è nëvëcætë a Pullìnë


La piazza nel 1986.
Archivio fam. Amendolara Franco



di G.D. Amendolara
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Storia inserita in Archivio > Chiaromontesi raccontano



La sirena delle otto spezzava il silenzio.
Qualche minuto dopo Pasquale il banditore avrebbe informato tutti della presenza degli ambulanti sotto il palazzo degli uffici o in piazza, dove ragazze e ragazzi attendevano Mënguccë col pullmino giallo per recarsi alle scuole medie, mentre bambini frettolosi correvano ad acquistare nei negozi o nei bar la merendina per la ricreazione a scuola.
Donna con fascine.
Frame "Chiaromonte un paese dentro di noi"
©RAI
Poca gente in giro.
Trattori, camion, e treruote pronti a scaricare montagne di legna, portata poi a destinazione da decine di cavalli e ciùccë che nel loro tragitto avrebbero lasciato innumerevoli scie dë cacætë che solo una buona pioggia avrebbe cancellato.
Passata la Madonna, passatë u Sandë, passatë a festë alla veramèndë.
O spæsë cu pëmmëdòrë e fìchë misë a sëccǽ non facevano più da decoro, cosi comë o sàrtë dë zafarænë, che con cipolle, aglio e pomodorini, erano stati appesi a nu cëlëræsë o ‘nd’angunu suttænë arravugliætë con dei fogli di giornale che avrebbero trattenuto l’umidità, e ‘ndo mobbuwë sott’oli, sottaceti e buccaccë a fǽ cumbagnìë a ciò che rimaneva del salame e dell’olio.

Era ottobre.
Tempo di vendemmia in quasi tutte le grotte, che se il tempo non glielo avesse permesso, li avresti sentiti lavorare anche fino a notte tarda.
Il mese che dava inizio a quella calma che avrebbe pervaso un paese con ancora vivi i ricordi di un estate bella e rumorosa appena passata.
Buio presto e strade vuote.
Per vedere qualcuno avresti dovuto intossicarti nei bar di Cacchiònë, Donaddìë o Sarubbë ca fussë, dove mentre noi ragazzini facevamo la fila per giocare ai videogame (sperando che il più furbo non avesse la tasca piena di cento lire), gli amori estivi continuavano ai telefoni a gettoni e le urla dei giocatori a carte si confondevano col fumo di quelle maledette sigarette.

La piazza nel 1980.
Frame "Chiaromonte un paese dentro di noi"

©RAI

La domenica, però, era diverso.
Pochi bar aperti.
Al mattino piazza e passeggio colmi di gente, mentre al pomeriggio toccava ai soli ragazzi, soprattutto quelli che in settimana avevano dedicato il loro tempo agli studi, a differenza degli impavidi dello zampillo, sul luogo assenti solo se ci fosse stato un temporale.
Questo era ottobre allë tièmbë mië, gli anni 80.
Il mese della vendemmia, delle castagne, da ‘lliànnë da coglië, dei funghi e di quel primo freddo all’improvviso che avrebbe fatto esclamare “ 'mbærë ch’è nëvëcætë a Pullìnë " 

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