Maggio 2024, Chiaromonte e le sue Storie dedica il mese ai lavoratori Chiaromontesi

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San Pasquale

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di G.D. Amendolara




San Pasquale - foto degli anni 40



Da quanto sia presente con certezza nel nostro paese non si sa, ma San Pasquale, seppur in tono minore, è ancora venerato.
Rimane ben poco di quello che era una volta il suo Convento, ma è cosa certa che la sua storia è centenaria, e forse anche di più.
A detta di vecchie testimonianze, si presentava assai grazioso.
La sua Chiesa doveva essere assai bella con i suoi tre altari lignei, la statua del Santo, altre statue e sculture sacre, le varie raffigurazioni, un quadro della Madonna Addolorata, vari oggetti in argento e cimeli in legno intagliati, tutti dal valore inestimabile.
Sempre da come raccontano, sembrava non essere seconda alle Chiese e alle Cappelle presenti sul territorio.
Era un convento a tutti gli effetti, con chiostro, libreria, cantine, stanze per i forestieri, cappelletta, stalle per gli animali, terreni da coltivare, vigne e molto altro.
Retro della Chiesa - foto G. Monaco
Cosi era fino a quando l’ordine dei frati Alcantarini, che ebbero in dono il convento dal Principe di Bisignano, fu man mano soppresso e unito all’ordine dei frati minori e, con il loro abbandono, il Convento andò in quasi totale rovina.
Provarono più volte a rimetterlo in luce, sotto richiesta dei Vescovi, che ebbero addirittura l’approvazione di un aiuto economico da parte del Sindaco.
Non andò mai a buon fine.
Il Consiglio di Intendenza non approvò i metodi da poter utilizzare, cosi, l’aspettata rinascita di San Pasquale rimase un progetto che non venne mai realizzato.
Così accadde che, i terreni dove situa anche la cappella, divennero di proprietà di un importante famiglia Chiaromontese.
foto di Ugo Breglia
Con grande devozione e, sicuramente, grande rispetto per la storia della loro terra, ci fu chi si prese cura non solo dei terreni, ma anche della Chiesetta.
Tra questi ci teniamo a citare zë Gësèppë Tërribbùwë e zia Marìë a Mazzarònë, che oltre al lavoro nei campi, nel frattempo, hanno saputo custodire e curare la Cappella con tutto ciò che vi era conservato.
Tutto questo però fino al 1957.
Da quel momento in poi la Chiesetta cadde in quasi totale abbandono, ricevendo solo qualche piccolo rappezzamento, ma nulla di più, fino alla fine degli anni 80, quando finalmente avvenne un vero e proprio restauro, senza però intaccare la sua forma, ovvero, una casina con una campanella posta sulla porta d’ingresso.
Confinante con una Cappella che non ebbe la sua stessa fortuna(leggi qui la storia), San Pasquale dà anche nome a quella che un tempo era una contrada ricca di campi coltivati, soprattutto frumenti e qualche vigneto.
Oggi tutti quei campi non esistono quasi più.
Dalla fine degli anni 60 cominciarono ad essere realizzate le prime strutture, come la Scuola Media e le case popolari, e di quei campi restano solo degli uliveti e qualche piccolo pezzo di terra utilizzato per il classico orto stagionale.
mia ricostruzione su com'è e com'era San Pasquale
In seguito sorsero anche le prime residenze private e, man mano, le prime attività commerciali, nuove o trasferitesi dal paese, come il primo e unico Supermercato, il museo archeo-antropologico e, per l’appunto, tante altre attività commerciali di vario genere, tra cui ristoranti e locali serali.
E’ anche zona altamente archeologica, dove sono state scoperte importanti tombe e reperti, conservati in gran parte nel Museo Nazionale della Siritide di Policoro.

Oggi della venerazione del Santo è rimasto ben poco, ma resta sempre nel cuore di molti Chiaromontesi che, seppure i tempi hanno cambiato i legami con la religione, anche grazie al mantenimento delle tradizioni, cercano sempre di mantenere viva la propria storia.


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Pubblico, poesia in prosa di Giovanni Monaco, che ha di San Pasquale questo ricordo della sua infanzia.

Sàn Pascǽlë

di Giovanni Monaco

Mezza pòrta spàlancǽtë,
na cupërtùra sciùllætë,
duijë trævë sciàncǽtë
cu na campanèllë
ca së tënìë appëzzëcætë pë non cadè,
e ca sunǽvë sùlë quànnë mënǽvë u vièndë,
o quànnë i guagliùnë
a pëgliàvënë a pëshkunǽtë.
E na statuèllë sòpë a n'altǽrë
miènza arrùbbiëcǽtë,
ca të guardǽvë, e fa chë të dëcìë:
Pëcchè m'avìtë fàttë arrëddùcë accussì a cæsa mìë.
E pècurë, cræpë e puòrchë
cë së iènë a cuccǽ.
Ma Sàn Pascǽlë, cu pëshkùnë,
càucë e mattùnë, s’ha mìsë a pòstë,
senza dìcë nièndë a nësciùnë.
E mo cë fæcë trasì
sùlë a chìllë c’u vònnë bènë.

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Traduzione

Una porta spalancata,
una copertura crollata,
due travi spaccate,
con una campanella
che si teneva appesa per non cadere,
e che suonava solo quando soffiava il vento,
o quando noi ragazzi
la prendevamo a sassate.
E una statua sopra un altare
mezza sepolta,
che ti guardava, e pareva dirti:
perchè avete fatto ridurre cosi casa mia.
E pecore, capre e maiali
ci andavano a dormire.
Ma San Pasquale, con sassi,
calce e mattoni, se l'è messa a posto,
senza dire niente a nessuno.
E adesso ci fa entrare
solo a quelli che gli vogliono bene



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Foto del rione San Pasquale oggi
di Pino Sassano
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Si ringrazia di cuore Nicola Donato per alcuni dettagli forniti sulla storia.
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