Di Pinuccio Armenti
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Storia inserita in archivio > Chiaromontesi raccontano
nota: in questa storia non ho apportato alcuna correzione nelle parole in dialetto, e tantomeno nel modo di scrivere.
Pinuccio manca dal paese da sessant'anni, gli stessi in cui vive in Germania, e desidero che tutti voi siate testimoni del suo amore immutato verso il nostro paese, il più bello del mondo.
Egidio Ricciardi |
Carissimi Compaesani e amici di Chiaromonte.
L'amore e l'affetto che porto al mio paese e, naturalmente a voi Chiaramontesi, è immenso, ed io non mi stancherei mai di nominarlo o di parlarne, anche se ormai sono più di 60 anni che ne son lontano.
Sette anni fa venni l'ultima volta a Chiaromonte, ma purtroppo solo per mezza giornata.
Mentre portavo le mie nipotine a far vedere loro il Monumento, passando davanti al Palazzo dei Giura, mi tornò in mente che proprio lì trascorsi tanti anni della mia gioventù.
Al lato della Torre feci la scuola elementare, e poi, nella stessa stanza, imparai il mestiere di barbiere da Umberto Landi.
Prima di arrivare alla Torre, mi ricordai che c'era una forgia. Ed è proprio di questo mestiere che oggi voglio parlarvi, o meglio, scrivervi: U Furger o il Fabbro.
Negli anni 50 e 60 allu pais nuost ce n’erano parecchi di furger.
Per non fare errori vi nomino solo quelli che io ricordo.
Io ricordo i fratelli Egidio e Peppino Ricciardi. Però non ricordo più dove avessero la Forgia.
Egidio, in dialetto Gidio u furger, abitava proprio vicino a funten allu Purtiell. Lui abitava al piano di sopra, mi ricordo che si doveva salire una scala. Non posso dirvi con certezza se sotto casa fosse la Forgia.
Poi c'era il fratello Peppino che pure lui facie u furger. So che prima abitava verso a Temba ma poi andò ad abitare verso u Calangone o u Calvario. Questo mi è stato riferito, scusatemi se non è giusto.
Mi ricordo che loro facevano di più ringhiere, inferriate di balconi. Non ricordo se lavorassero assieme.
Mi sembra di ricordare che poi Peppino aiutava spesso Peppino u funtaner, e andava mettendo tubi per le case.
Oggi diremmo faceva più l'idraulico che u furger.
L'amore e l'affetto che porto al mio paese e, naturalmente a voi Chiaramontesi, è immenso, ed io non mi stancherei mai di nominarlo o di parlarne, anche se ormai sono più di 60 anni che ne son lontano.
Sette anni fa venni l'ultima volta a Chiaromonte, ma purtroppo solo per mezza giornata.
Mentre portavo le mie nipotine a far vedere loro il Monumento, passando davanti al Palazzo dei Giura, mi tornò in mente che proprio lì trascorsi tanti anni della mia gioventù.
Al lato della Torre feci la scuola elementare, e poi, nella stessa stanza, imparai il mestiere di barbiere da Umberto Landi.
Prima di arrivare alla Torre, mi ricordai che c'era una forgia. Ed è proprio di questo mestiere che oggi voglio parlarvi, o meglio, scrivervi: U Furger o il Fabbro.
Negli anni 50 e 60 allu pais nuost ce n’erano parecchi di furger.
Per non fare errori vi nomino solo quelli che io ricordo.
Io ricordo i fratelli Egidio e Peppino Ricciardi. Però non ricordo più dove avessero la Forgia.
Egidio, in dialetto Gidio u furger, abitava proprio vicino a funten allu Purtiell. Lui abitava al piano di sopra, mi ricordo che si doveva salire una scala. Non posso dirvi con certezza se sotto casa fosse la Forgia.
Poi c'era il fratello Peppino che pure lui facie u furger. So che prima abitava verso a Temba ma poi andò ad abitare verso u Calangone o u Calvario. Questo mi è stato riferito, scusatemi se non è giusto.
Mi ricordo che loro facevano di più ringhiere, inferriate di balconi. Non ricordo se lavorassero assieme.
Mi sembra di ricordare che poi Peppino aiutava spesso Peppino u funtaner, e andava mettendo tubi per le case.
Oggi diremmo faceva più l'idraulico che u furger.
La "forgia" dei fratelli Ronga, sulla sinistra, la porta con la scala. |
I fratelli GIUANN e LUIGI RONGA sono i furger che mi sono rimasti meglio nella memoria.
Avendo la Forgia vicino alla Torre del Palazzo dei Giura, ed io ero là vicino ad imparare il mestiere, li vedevo e li sentivo tutti i giorni.
Loro facevano veramente di tutto. Zappe, Picconi, Budent ( non so come si chiamano in italiano), poi ferravano Asini e Muli.
Avendo la Forgia vicino alla Torre del Palazzo dei Giura, ed io ero là vicino ad imparare il mestiere, li vedevo e li sentivo tutti i giorni.
Loro facevano veramente di tutto. Zappe, Picconi, Budent ( non so come si chiamano in italiano), poi ferravano Asini e Muli.
Luigi Ronga |
Vi ricorderete che gli asini ed i Muli portavano agli zoccoli dei ferri.Quando avevo tempo mi divertivo a guardare. Era un lavoro non tanto facile. C'erano asini che sopportavano pazientemente la procedura di mettersi le scarpe (i ferri) nuove. Io ho visto dei muli scalpitare e scalciare che erano veramente dolori per il Fabbro e quelli che aiutavano. Però la cosa che a me è rimasta più nella memoria è quella di quando battevano il ferro cocente per dargli una forma. Erano in due, Giuann e Luigi.
Mettevano il ferro caldo sull'incudine e con dei martelli battevano il ferro con un ritmo che sembrava una melodia.
Poi si sentiva a bott du Mastro, che batteva due volte sull'incudine mentre l'altro aspettava, e poi si riprendeva.
A volte d'inverno quando faceva freddo per riscaldarmi un pò andavo a menare il mantice. Si girava una manovella che soffiava dell'aria, cosi alimentava il fuoco dove veniva messo il ferro per poi poterlo lavorare.
Ho scritto un po’ di più dei Fratelli RONGA perche li ho vissuti più da vicino.
Vincenzo “ a Uzìllë” Francomano |
Auzill era il sopranome. Non ricordo se facesse Alberti o Francomano di cognome.
La forgia era vicino la casa di Ndonio Mastcetue, 200 metri prima di arrivare nda Chiazzoll.
Anche lui era molto bravo. Io mi ricordo che quando passavo di là, scendendo da San Tommaso, davanti alla Forgia c'era uno spiazzale, e li vedevo spesso Aratri che avevano bisogno di essere riparati.
Giovanni che scrive le storie di Chiaromonte mi dice che Vincenzo Auzill ha un figlio che è molto bravo anche lui, però io non lo conosco, quindi non posso dire di più.
Un ultima cosa voglio dirvela .
Nelle nostre case una volta all'interno sulla porta c'era sempre un ferro di Cavallo.
Si diceva che scongiurasse il malocchio. Non so se oggi ancora si usa.
Chiudo con un abbraccio a tutti voi e alla prossima.
Ancora ci sono tanti mestieri da ricordare.
Ringrazio vivamente di cuore Luana Francomano per la foto del nonno Vincenzo, Antonio Cafaro per la foto del nonno Luigi e Nicola Ricciardi per la foto del padre Egidio.
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