di G.D. Amendolara
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Storia inserita in Archivio > Arræsë u fuòchë
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U Pòndë du Zëccauìë. Foto. Rosaria F. Amendolara |
“È mattina presto.
Ciccillo è sveglio, pronto per affrontare una nuova giornata di lavoro e sacrifici.
Alle prime luci dell’alba si incammina per raggiungere i terreni oltre i confini del centro abitato.
Arrivato a Santa Maria, a pochi passi dal varco du Pòndë du Zëccawuìë, della terra da poco rimossa e panciuta attira la sua attenzione.
La curiosità prende il sopravvento e lo sollecita a scavare.
Riporta alla luce un pesante recipiente di terracotta. Lo estrae, lo rompe. Meraviglia, un tesoro!
In quello stesso momento compare una donna. La conosce, è del paese.
“Buongiorno Cëccì” saluta.
“Che stætë facènnë assëgnërië?” gli chiede.
“Buongiorno Rusì” fa Ciccillo con espressione piena di meraviglia.
“Quìllë ca stæghë facènnë ì u putìtë fæ purë vuië”…
Il Ponte dal verso "Tempa degli Angari". Foto Rosaria F. Amendolara |
Chiaromonte.
Siamo a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta del secolo scorso.
È mattina presto, ancora buio.
Puntuale Ciccillo si sveglia.
È incredulo. È nel suo letto, non è allu Pòndë du Zëccawuìë, e non ha nulla tra le mani.
Era un sogno, solo un maledettissimo sogno troppo reale per crederlo tale.
Alle prime luci dell’alba varca la soglia di casa. Ha un’altra giornata durissima da affrontare.
Come tutte le mattine si incammina per raggiungere i terreni oltre i confini del centro abitato.
Una strana sensazione lo attanaglia. Pare stesse vivendo ogni attimo di quel sogno, ma era sveglio, nella realtà, quella da affrontare tutti i giorni.
Attraversa l’l’àrië dë Mënghìllë, raggiunge Santa Maria, e si incammina nel sentiero che porta allu Pòndë du Zëccawuìë.
A pochi metri di distanza dal varco si ferma incredulo.
Non gli par vero ma della terra da poco rimossa, panciuta, attira la sua attenzione e lo invita a scavare.
Estrae un grosso e pesante recipiente di terracotta. Lo spacca. Meraviglia!
Nello stesso istante passa di lì una donna. La conosce, è del paese.
“Buongionë Cëccì” lo saluta.
“Che stætë facènnë assëgnërië?” gli chiede.
“Fàttë i fàttë tòië” risponde con volto rabbuiato.
“Fàzzë quìllë ca më pærë” chiude bruscamente.
D‘un tratto il suo volto torna ad essere incredulo, peggio che al risveglio.
Tra le mani non ha più nessun prezioso di quel monile appena scoperto, ma solo cenere, e mentre la disperazione lo assale, Rosina, meravigliata dalla sua arroganza, si incamminava e fa ritorno al paese.
È una zona particolare Santa Maria.
È un lembo di terra racchiuso tra la Vallina, Santa Lucia e San Pasquale, ed oggi parte integrante della nuova e tanto discussa zona del paese.
A caratterizzarla è il massiccio e antico Pòndë du Zëccawuìë, traducibile quasi certamente con Zaccaria.
I tesori lì scoperti testimoniano l’antichità della nostra storia, e mi hanno permesso di non utilizzare la parola leggenda in quanto, quella appena letta, è una storia vera vissuta da un nostro paesano, e da quella donna di passaggio dei quali ho omesso solamente i nomi, per rispetto alla riservatezza.
Inoltre, ci insegna anche un’altra lezione: siamo sicuri che il detto “Nòn dæ rèttë a suònnë” abbia ancora valenza?
Inoltre, ci insegna anche un’altra lezione: siamo sicuri che il detto “Nòn dæ rèttë a suònnë” abbia ancora valenza?
Il ponte con la neve. Foto Stefano Sarubbi |
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