Di G.D. Amendolara
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Storia inserita in Archivio > ARRÆSË U FUÒCHË
La Vallina.
Un tempo senza boschi e sterpaglie, ma solo pascoli e coltivazioni.
Strana zona quella della Vallina, dove la storia impregna ogni granello della sua terra, e storielle e leggende la rendono mistica, tenebrosa, ancor di più da metà 800, quando il Comune decise di realizzare proprio su quel suolo il Cimitero, e quello che state per leggere lo vede protagonista, in una storia che racchiude sicuramente qualche briciolo di fantasia, ma anche un profondo significato.
Buona lettura.
Pastori Chiaromonte, anni 20 circa |
C’era una volta un pastore,
uno tra i tanti che popolava con il suo gregge le vaste terre del nostro territorio.
Sveglio ancor prima che sorgesse il sole, alle prime luci del mattino, raggiunte le stalle, sarebbe partito con pecore e capre verso la Vallina, il pascolo abituale, accompagnato dal suono dei campanacci e dalla dolce melodia dello zufolo ch’egli stesso suonava.
Per raggiungerlo avrebbe dovuto attraversare il sentiero costeggiante il cimitero.
Quella mattina, a differenza delle altre, una volta oltrepassato venne colto da una strana sensazione mai provata prima.
Guardandosi intorno realizzò che il gregge non c’era più, sparito.
Incredulo e colto dal panico cominciò a cercare nei dintorni, tra urla e fischi di richiamo, ma del gregge nemmeno l’ombra, ne in vicinanza e ne oltre.
Dopo vari e vani tentativi non gli rimase che tornare alle stalle, consapevole che quel danno subito e inflitto avrebbe avuto un caro prezzo da pagare, visti i trattamenti che i poveri pastori erano costretti subire a quei tempi.
Giunto a destinazione, paura, rabbia e tutto ciò che in quei momenti lo turbava si mutarono in meraviglia, perché trovò gli animali nelle stalle, come se non avessero mai varcato il cancello.
Il cimitero vecchio (a sinistra il cancello), cosi come si presentava agli inizi del 1900. Ritaglio di una cartolina dell'epoca |
Cos’era mai accaduto? E soprattutto, chi o cosa aveva riportato indietro gli animali?
Calmato l’animo ripercorse tutta la giornata e, trovata la soluzione al mistero, gli si raggelò il sangue.
Realizzò che quello spiacevole evento avvenne per un suo errore, perché a differenza di tutte le altre mattine, attraversando il cimitero non aveva riposto lo zufolo, ma inconsciamente aveva continuato a suonare disturbando il sonno eterno dei morti, i quali lo avevano punito regalandogli quegli interminabili attimi di paura.
Fatto sta che da quel giorno, alla vista del cimitero, lo zufolo lo tenne a tacere, così da non turbare la pace ne ai morti, ne agli animali e tantomeno a se stesso.
Che sia storia reale o inventata nessuno lo sa, ma vero è che narra e tramanda il profondo rispetto dei nostri avi verso i defunti, tutti, e la morte, proprio come la buonanima di Luigi Ferrara “U Cucchièrë” ha immortalato in questa storia, e ringrazio di cuore Nicola Cicale per avermene fatto dono.
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