Cerca nel blog

SETTEMBRE

Di G. D. Amendolara
☙__________________❧
Storia inserita in archivio > Storie Chiaromontesi

Il chiosco di sera a metà anni 90.
Foto archivio fam. Amendolara Franco

Com’è strano.
Solo pochi giorni fa dicevano “quànnë vo furnì agustë”, e adesso ch’è passato lo spaesamento regna dappertutto.
Lo sentono anche le ultime rondini che svolazzano in cielo. Il loro garrito non infastidisce più e annuncia il silenzio dei mesi a venire; partono verso luoghi più caldi, noi, invece, restiamo qui dove ci attende chissà quale autunno.
Già da qualche settimana qualcuno indossa indumenti a maniche lunghe.
“Agustë cæpë dë vièrnë” si dice, ma è settembre, e oltre il calendario lo conferma il fresco, soprattutto la sera.
L’ora di cena si avvicina e le giornate si accorciano ogni giorno di più.
Le macchine in strada hanno già i fari accesi. Sono tante e la discesa dell’ospedale è un continuo via vai.
Al chiosco gli ultimi avventori della giornata sono seduti sulle poche sedie all’esterno o sulla ringhiera, sorseggiando una birra fresca o semplicemente scambiando due chiacchiere.
Dall’interno il vocifero lascia intendere le classiche discussioni calcistiche tra Giovanni e i clienti, un classico, mentre al calcetto i ragazzi giocano come se agosto non fosse mai passato.
Che sensazione.
Poca gente in giro.
Passeggiano come sempre. Il corso è sempre frequentato anche a dicembre col freddo che ti entra nelle ossa, ma adesso è diverso, ripeto, è settembre e la sensazione di vuoto ha un peso inevitabile.
L’unica nota positiva è trovare posto per sedersi quasi ovunque, cosi come dove appartarsi senza la paura di essere sgamati da qualcuno, come allo zampillo dove le macchine non mancano mai.
Molte ora sono rifugio di chi qualche settimana prima lo animava. Chi invece siede su quel che resta delle panchine o sulla gradinata, si perde perlopiù in lunghi attimi di silenzio nel ricordo dei giorni appena passati.

Rintoccano le campane. Avvisano che l’ora del rientro si avvicina.
È buio, addio giornate lunghe.
Anche i lampioni, come i fari delle macchine, ora sono tutti accesi.
La piazza si svuota man mano, e la sensazione di vuoto pesa più che altrove.
È sicuramente colpa del palco appena smontato, delle scorze delle noccioline incastrate negli incavi dei sampietrini e dei manifesti del “E… State a Chiaromonte” ancora sparsi tra le mura e le attività commerciali.
Sui tubbë ormai non siede più nessuno, nemmeno sulle panchine, perché il piatto chiama e si torna a casa.
Rientrano Cëccìllë u portalèttërë e sua moglie Rosa. Sino ad ora son rimasti parcheggiati nella 127 sport di fianco alla pensilina, seguiti o anticipati dai soliti che sostano in macchina tra il fruttivendolo e Pierina Puppo.
Chiudono finalmente i negozi dopo aver servito i soliti ritardatari, mentre nei bar e nel tabacchino di Egidio qualcuno ha smarrito la via di casa.
In verità di gente ne trovi in giro anche dopo cena.
Sono perlopiù ragazzi ancora liberi dall’impegno della scuola, e non manca qualche adulto che approfitta del tempo mite prima del lungo autunno che sta per arrivare.
Tra le 22.00 e le 23.00, però, con la chiusura dei bar e di Egidio in piazza, Alberto che passa col motorino dal Purtiello e il rombo della 500 di Giovanni che chiuso il chiosco torna a casa, cala finalmente la notte su Chiaromonte.
Agosto è passato, passætë u Sàndë, fërnutë a fèstë.
Ora è settembre, sono gli anni 90, e il paese rivestito di nostalgia si addormenta con la speranza che agosto venturo arrivi il prima possibile.

_______________

Storie correlate

Ghièrë staggiònë

___________

E... STATE A CHIAROMONTE - parte 2

AGOSTO, LE FESTE E GLI ANNI 90

Di G. D. Amendolara
☙__________________❧

Festival delle Voci Nuove 1996


Chiaromonte, anni 90.
Passato San Giovanni a giugno, agosto diveniva priorità.
Gli anni 80 con i festival dell’Amicizia, le feste dell’Avanti, tante altre manifestazioni e le serate di San Giovanni allietate con nomi del calibro di Little Tony, I Camaleonti e l’allora famosissimo Giampiero Artegiani, nel nuovo decennio caricarono nel migliore dei modi i Chiaromontesi.
Col rientro in massa degli emigrati, quindi l’arrivo di decine di giovani dalle grandi città dove il tempo scorreva veloce, i trentuno giorni più vivi di Chiaromonte richiedevano massima attenzione e partecipazione, e alla convocazione straordinaria in Comune, proprio dopo San Giovanni a giugno, nessuno veniva escluso per organizzare il calendario delle feste di agosto.
La locandina delle feste del 1990

“Chi vènë a San Giuànnë?”

L’E… STATE A CHIAROMONTE¹, il manifesto delle feste, sin dalle ultime settimane di luglio invadeva ogni angolo del paese, incluse le case.
Gli occhi cadevano direttamente sul 29, la festa più grande dell’anno, il motivo in più del rientro degli emigrati. Per le altre bastava un’occhiata veloce e un che fænë goië giornaliero.
Il mese lo apriva spesso un evento sportivo, di solito un torneo di calcetto².
Nel 1990 invece ci pensò una rappresentazione di boxe in piazza.
Altri eventi sportivi nel corso del mese non mancavano, dai tornei di tennis a quelli di calcio al campo sportivo.
Il festival dell’Amicizia da qualche anno non si teneva più.
La festa dell’Avanti invece continuò fino al 1991 con le sue riffe dai premi ricchi³ e il concerto della Strana Società nel 1990.
Le serate teatrali e musicali, in piazza e ‘ndi strittuwë, trovavano sempre il loro spazio nel calendario, cosi come gli spettacoli di intrattenimento vario.
Da inizio mese partivano i pomeriggi e le serate cinematografiche al centro visite, in verità poco seguite, al contrario dei convegni e delle presentazioni di qualche libro.

Partivano le sagre.
La spaghettata alla Turrë da Spichë, quella dell’anguria in piazza (un anno solo), quella del soffritto, se non sbaglio del coniglio e qualcun’altra che certamente dimentico.
Il 15 agosto 1990, invece, da un’idea del gruppo musicale “La Nuova Immagine” (allora l’agrifoglio), in collaborazione con il Comune, nasceva la sagra più importante e storica del paese, quella di Laghënë e Fasulë⁴.
La Nuova Immagine al Catarozzolo
per Laghënë e Fasulë 1993

Locandina
della caccia al tesoro
multimediale
Immancabile la caccia al tesoro.
Coinvolgeva non pochi squadroni di giovani tenendo sveglio il paese fino alla scoperta del tesoro.
Nel frattempo Piero Cicale e Massimo Sassano ne organizzarono diverse multimediali, un’innovazione a passo coi tempi e col diffondersi dei PC nelle case dei Chiaromontesi…

Erano gli anni 90.
C’era tanta voglia di divertirsi, partecipare e rendere partecipi.
Il gruppo 0 POSITIVO, seppur per poco, si contraddistinse sin da subito con la realizzazione di un murales colorato sotto il Palazzo degli Uffici, mentre si preparava a diverse altre manifestazioni nel corso dell'agosto 96.
Il gruppo musicale La Nuova Immagine dal 1990, occupando anche sino a tre serate, con ben quattordici edizioni di fila dava vita ad una delle manifestazioni più longeve degli agosto Chiaromontesi: il festival delle voci nuove.
Agglutination 97
Nel 1995 invece, con le prime due edizioni svoltesi in piazza, nasceva l’Agglutination Metal Festival, divenuto famoso in tutto il mondo dalla terza che portò in paese diverse migliaia di amanti del genere.
Collegato alle prime edizioni del festival si teneva in piazza il MOTOM, un motoraduno organizzato da Agnesina Pozzi.
Agnesina Pozzi durante il MOTOM
Nasceva il premio della poesia, l’estemporanea d’arte partecipata da decine di artisti e l’esposizione cinofila con ben quattro edizioni, mentre l’ultima settimana di agosto, non sul calendario, al timpone Giovanni Monaco invitava tutto il paese alla ormai storica festa du strìttuwë.
La festa della Madonna del Sagittario avviava Chiaromonte verso l’ultima settimana di Agosto.
A proposito di feste.
Non posso non menzionare i matrimoni. Tanti, da influenzare le date del manifesto delle feste, ma talmente belli che riempivano la piazza di gente accorsa a vedere la sposa.
I tre vigili in posa davanti al busto
del generale Giovanni Viviano.
1993
Altro evento da ricordare degli agosto degli anni 90 è la scoperta del busto in memoria del generale Giovanni Viviano il 28 agosto 1993⁵ all’ospedale, con la presenza delle autorità militari, ecclesiastiche, politiche e di tantissima gente.
E arrivava Sàn Giuànnë.
Che festa!
Che feste, perché quelle degli anni 90 non solo chiudevano gli agosto di tutto il circondario con le processioni partecipatissime e i concerti che riempivano all’inverosimile il paese, ma con gli ultimi tre colpi dei fuochi d’artificio e i cuori colmi di tristezza mettevano la parola fine all’estate e inizio al ritorno della solita routine.

Finiva cosi agosto negli anni 90.
Passætë u Sàndë passætë a fèstë, ma a chiudere i trentuno giorni più vivi di Chiaromonte ci pensava spesso un torneo di calcetto, proprio come in apertura, mentre già dal 30 il paese si ritrovava nello spaesamento che lo portava dritto a settembre, all’inizio di un nuovo ciclo composto da un solo ingrediente, la nostalgia, e quanta.

______________________
Note

1 - Chiamato cosi per diversi anni
2 - dal 1990 non si tenevano più in piazza ma nel nuovo campetto alle scuole medie
3 - sia nel 1990 che nel 1991 misero in palio delle automobili, una Panda e una 500
4 - dal 1990 al 1992 si tenne il 15 agosto, dal 93 invece passò al 14. dal 1997, invece, passò dal Catarozzolo a Piazza Mercato
5 - Leggi Storia Politica parte 2
______________________

______________________

E... STATE A CHIAROMONTE - parte 1

AGOSTO, LA NOSTALGIA E GLI ANNI 90

Di G. D. Amendolara
☙_________________❧
Inserita in Archivio > Storie Chiaromontesi

Chiaromonte, 1997 circa.
Si nota nella foto la chiesa in restauro


Agosto, anni 90.
Lo ricordo mite col suo clima sopportabile.
Era il mese delle ferie ma le giornate cominciavano ben presto, almeno nella prima quindicina.
Al suono della sirena delle otto, in fila ancor prima dell’apertura, mamme e nonne assaltavano gli alimentari, mentre il caos mattutino di auto e mezzi in piazza rendeva vani il senso unico e il divieto di transito agli autobus in vigore per tutto il mese.
A peggiorare il tutto il palco, quel cataplasma di tavoloni e tubi di acciaio che restringeva drasticamente lo spazio e dimezzava i parcheggi presenti.
Ah! A proposito di piazza e palco: ricordate quando nei primi anni del decennio sulla facciata dei Donadio, installato da Flash, uno schermo LCD rosso informava degli eventi in arrivo?¹
Movimentati anche gran parte dei vicoli, tra cantieri aperti almeno sino a ferragosto, il viavai di trerruote, mezzi da lavoro, moto e motorini, senza dimenticare gli ambulanti, si, sempre loro, pannacciari, marocchini e camion con megafoni attaccati dalle ingiurie di chi cercava di riposare un po’ di più.
Dallo zampillo i bus per il mare partivano ormai mezzi vuoti. A raggiungerlo, il mare, soprattutto i giovani in compagnia, mentre quelli che rimanevano in paese uscivano in tarda mattinata, inclusi quelli che, desiderosi di trovare la musicassetta tanto desiderata, accorrevano dal marocchino di fianco al chiosco da dove, ormai simbolicamente, il primo schiocco della pallina del biliardino dava sia fine alle mattinate che inizio ai pomeriggi estivi Chiaromontesi…
La strada che dal chiosco porta allo zampillo,
negli anni 90, alla controra, l'unico momento non trafficata
e senza gente in giro

Il paese trovava pace solamente durante la controra.
A differenza degli anni 80 i giovani non attendevano alcun segnale per uscire².
La sirena delle cinque, sempre sotto gli scongiuri di chi seduto in piazza non la sopportava, indicava ormai solamente l’ora.
Le ore pomeridiane animavano ogni angolo del paese, anche quelli ormai disabitati e ora ravvivati dagli emigrati rientrati per le ferie.
Trovare uno spazio silenzioso o isolato era quasi del tutto impossibile.
Il punto d’incontro preferito dai giovani e da chi lo era nel decennio precedente rimaneva lo zampillo, anche se non più pieno come nei suoi anni d’oro.
Partivano così le passeggiate lungo il corso, su e giù dai parcheggi al chiosco spesso senza mai fermarsi, perché sostare da qualche parte richiedeva un miracolo.
Pieno ogni spazio. La villetta, lo zampillo e il guard-rail, il monumento, le due sedute incavate alla curva della villa e anche il pianerottolo davanti al tabacchino e la fioraia. Pieni i parcheggi, tutti, difficile da trovarne uno, e piene le strade anche di pazzi pronti a sfogarsi con i loro mezzi a due e quattro ruote, perché negli anni 90 il boom degli scooter, delle moto di grossa cilindrata e delle auto sportive coinvolse anche Chiaromonte.
Pieno anche il chiosco, in particolare di chi giocava a biliardino e chi attendeva pazientemente il proprio turno. Pieni anche gli altri bar, la gelateria “da Pasquale” e anche il palco in piazza, sopra dai giocatori di carte e sotto di bambini che impazziti giocavano in quel groviglio di tubi d’acciaio, mentre nei vicoli i loro simili, senza escludere gli adolescenti, si sbizzarrivano con giochi di vario tipo e le battaglie coi gavettoni tanto odiate dagli anziani e dai malcapitati.
Con l’ora di cena scattava la tregua, ma non per tutti i giovani.
Rientrati per confermare di ricordare la via di casa³ e per cambiarsi, si ritrovavano per una pizza in paese o anche fuori⁴, oppure restavano semplicemente in giro.
In piazza e in altri posti cominciavano le feste dell’agosto Chiaromontese, tutte elencate nella locandina dal titolo “E… State a Chiaromonte”.
Riscuotevano un buon successo rispecchiando la piacevole semplicità di quegli anni, accontentando quasi tutti, incluso chi spesso preferiva rimanere davanti casa a raccontarsela coi parenti e il vicinato, circondato dalle urla dë tuttë chìllë murrië dë guagliùnë che, instancabili, riprendevano a giocare.
Anche chi rientrava dalla serata, soprattutto i giovani, spesso si soffermava davanti casa di qualcuno. 
Tra una chiacchierata, una sfogliata di ricordi, canzoni accompagnate non poche volte da una chitarra, una spaghettata "di mezzanotte" o l’attesa davanti al forno di Prospero Rossi per un pezzo di pizza al pomodoro appena sformato, a notte inoltrata, spesso quasi mattina, chiudevano ufficialmente le giornate dell’agosto Chiaromontese.

Era agosto, erano gli anni 90.
Tornavano a riempirsi le case e a rivivere quelle chiuse da un anno.
Inconsapevoli i chiaromontesi vivevano l’ultimo decennio fiorente della propria storia, con fervore, passione e partecipazione.
Di cose da raccontare ce ne sarebbero ancora, ma di tempo ce n’è ancora, per questo per adesso mi fermo qui a ricordare i trentuno giorni più belli di Chiaromonte.
Ah! Vero, dimenticavo le feste…

______________________

Note

1 - Lo schermo LCD veniva installato da Flash, ed era lo stesso affisso sulla parete della sua casa, nonché anche sede del negozio in San Pasquale
2 - Negli anni 80 la sirena delle diciassette dava inizio ai pomeriggi. 
3 - non të scurdǽ a vië da cæsë è un termine utilizzato per ordinare ai giovani di casa che quando è ora deve rientrare
4 - A Chiaromonte agli inizi degli anni 90 le pizzerie erano due, "La Terrazza" e il "Golden Coq Pub". Nel 1994 aprì "la Coccinella" e rimase l'unica in paese sino al 2004. I ragazzi, quelli che potevano, andavano anche volentieri a Fardella (dove potevano guardare anche le partite) e a Teana, in due pizzerie storiche dei paesi.
_______________________

Storie collegate

GHIÈRË STAGGIÒNË l’inizio dell’estate negli anni 80

Di G. D. Amendolara
☙_________________❧
Inserita in Archivio > Storie Chiaromontesi

Torneo di calcetto fine anni 80 vinto dal bar 2000
di Giovanni Sarubbi.
In foto: dietro Mariano Masciarelli, Pino Percoco, Giovanni Sarubbi,
Mario Grossi, Alfredo Murro. Davanti, Tonino Puppo, Fabrizio De Marco Grandinetti.
Foto: Fam. Giovanni Sarubbi

La storia contiene termini dialettali.
Alla fine del testo la traduzione dei termini ritenuti incomprensibili


Giugno, anni 80.
Passato San Giovanni iniziavano le vacanze per ragazzi e bambini di quel decennio fantastico.
Nessuna nostalgia per la festa e tutto il suo contorno, dalla fiera al luna park. Avevano altro a cui pensare, e poi il paese tutti i giorni ièrë na fèrë¹, soprattutto in piazza e dintorni grazie agli ambulanti abituali che occupavano ogni angolo disponibile: Nicola u Sënësærë al palazzo dei Cuccarese, Gësèppë u Sënësærë sottë a chiànghë d’Artùrë come u pëscëvènnuwë, u Tursëtænë alla Còstë e Sciambiònë ‘nda chiàzzë con la sua bancarella coperta dall’ombrellone blu-arancio ormai sbiadito dal tempo.
La sirena delle otto ufficializzava l’inizio della giornata, anche se il paese era sveglio già da qualche ora.
Da un momento all’altro Pascælë u bannëtòrë col suo “ATTENZIONE!”, rigorosamente dopo vari colpi di prova al microfono, gettava il bando annunciando spesso l’interruzione idrica, incompresa in quei giugno tanto piovosi.
Accummënzævë accussì n’ata fèrë, ‘ndi strìttuwë però, coi camion “I PATAN, I PATAN A CINQ MILA LIR O CHIL” e “MOBILI VECCHIA, ROBA VECCHIA”, e gli ambulanti a piedi come i pannacciari pugliesi, i venditori di scope e i marocchini² che con il loro YEP speravano di vendere almeno uno dë tuttë chìllë struòglië trasportati a spalla.
La buona stagione scatenava anche i cantieri all’aperto, a decine. Sia all’esterno che all’interno i màstrë accompagnavano i colpi dë cucchiærë e le impastate di cemento con fischiate e canzoni incomprensibili, e mentre alle fontane, Tuwuë e Grùttë dë l’Acquë in primis, si formavano le file per raccogliere l’acqua, arrivava mezzogiorno, mënævë nu truònë e pësciævë a gallìnë.
Chiaromonte. Pomeriggio metà anni 80

La sirena delle cinque, sovrastata dal giocoso garrito delle rondinelle che riempivano il cielo del paese, annunciava l’inizio dei pomeriggi Chiaromontesi, aggraziati dalla frescura di quei tempi. Infatti, non era insolito vedere qualcuno indossare le maniche lunghe. In verità gli anziani non rinunciavano ne al maglioncino e tantomeno alla giacca nemmeno ad agosto.
Gli anziani in piazza sempre con la giacca,
anche ad agosto.

Si radunavano i giovani.
Il punto d’incontro principale era lo zampillo, ma li trovavi ovunque, tra una passeggiata, la sosta al monumento, molteplici partite al biliardino al chiosco, con motorini o in bici, giocate a pallone in strada o proprio allo zampillo, un gelato a “La Terrazza” o da Nicola Donadio, una partita ai videogames da Sarubbi, Antonio o Cacchiònë, o tra i vicoli a giocare a qualsiasi cosa in qualsiasi posto e a qualsiasi rischio perché non pochi erano i palloni bucati, le sgridate e le minacce subite, ma anche i vetri rotti, i vasi spazzati in aria e quelle pallonate che povero chi finiva sotto un tiro maldestro.
No! Non sto inventando niente. Il paese era completamente vivo e in continuo fermento. E se lo era…
Giro di Basilicata, 1987.
Foto archivio fam. Amendolara Franco

A giorni rientravano i fuori sede³ e arrivavano i primi “turisti”⁴.
Cominciavano le “colonie giornaliere” per il mare, passava quasi certamente una tappa del giro di Basilicata (una festa per i più giovani pronti ad accaparrare quanti più gadget possibili), arrivava il circo al campo sportivo e iniziavano i tornei di calcetto in piazza, quelli dove i giocatori cercavano soprattutto di non volare dalle scale della chiesa, e se non sbaglio anche qualche edizione dei giochi della gioventù.
Torneo di calcetto in piazza. Fine anni 80.
Foto fam. Giovanni Sarubbi

Ripeto: non c’era spazio per la nostalgia della festa appena passata.
Era giugno, gli ultimi suoi giorni, iniziava ufficialmente l’estate, ghièrë staggiònë, e il meglio stava per arrivare.
La piazza in attesa del Giro di Basilicata. 1987.
Foto archivio fam. Franco Amendolara

_________________

Traduzioni termini ritenuti incomprensibili

chiànghë: macelleria
còstë: è la parete che parte da casa dei Figundio e arriva oggi ai parcheggi
struòglië: stracci o oggetti in generali ammassati o disordinati

_________________

Note
1- espressione dialettale che definisce un momento caotico, spesso il vociferio o rumore continuo e fastidioso
2 - in dialetto con marocchino si identifica chiunque abiti nella fascia del Magreb, che sia Marocchino, Algerino o Tunisino. Spesso vengono chiamati così anche i subsahariani. Non è assolutamente un termine razziale. Anzi, a Chiaromonte vengono addirittura chiamati con un altro termine, cuggì, ovvero cugino.
3 - Fuori sede, in qualità di studenti, in quegli anni ve ne erano pochi. Qualcuno studiava a Maratea o Sant'Arcangelo, ma la stra maggioranza dei ragazzi preferiva Senise o Latronico, facilmente collegati al paese, e pochi erano gli universitari. Dalla metà degli anni 90 si invertì la rotta ed aumentarono sempre più le partenze verso scuole e università fuori regione.
4 - con turisti si identifica (bonariamente) gli emigranti e le loro famiglie che rientrano in estate. 

__________________

Collegamenti alla Storia

E pùrë goië pìscë a gallìnë

______________

A PITTA LÌSCË

Di G. D. Amendolara
☙_________________❧
Storia inserita in Archivio > Tradizione culinaria

La storia contiene termini dialettali.


Pænë e gàcquë ‘nda na cæsë non hæna mæië mangǽ

"A tièmbë andìchë, almeno una volta a settimana, priesta matìnë sentivi le donne puziǽ, cu pænë avièna fǽ.
Ne sfornavano a šcanætë in un momento di aggregazione che coinvolgeva le famiglie e il vicinato, in paese e anche in campagna, un tempo tutti abitati.
O che rëcrièië se dal forno uscivano anche pëttëcèllë gundætë e cauzunièllë, ma se vedevano i pittë lìscë, oimmènë, perché consapevoli del duro lavoro che li attendeva, e pë sa mangiǽ s’aviena guadagnǽ".


Falùzzë a Parèndë all’opera.
Foto di Mario De Salvo

A pitta lìscë è uno dei prodotti tipici della nostra tradizione culinaria.
Dall’origine contesa da molti, risale probabilmente al periodo greco, fortemente influente a Chiaromonte e nel meridione in generale. A confermare tale tesi è il nome stesso, pitta, dal greco πιττα, pita, pane piatto, con la sola differenza del buco in mezzo nella nostra.
Povera di ingredienti (grano duro, acqua, sale e lievito madre), in forme che un tempo raggiungevano anche i 3 kg, dapprima utilizzata per testare le temperature dei forni prima di cuocere il pane, divenne col tempo parte del fabbisogno alimentare grazie al suo prestarsi ottimamente come contenitore di farciture salate, il che la rende probabilmente l’antenata dei panini (in particolare rosette e ciriole), prodotto diffusosi in paese solo dopo l’apertura dei primi forni commerciali.
A Chiaromonte ha un forte legame con la cultura contadina, e la sua produzione, come detto sopra, combaciava con i duri lavori nei campi richiedenti numerosa manovalanza da sfamare.
La forma piatta e la tenacia rendono la pitta lìscë un ottimo contenitore e conservatore di sapori.
Tradizionalmente fa binomio con la buonissima insalata di peperoni arrostiti, ma accompagna benissimo altre prelibatezze tradizionali come la frittata chi zafarænë, o zafarænë e patænë o chi zafarænë crùšchë, senza dimenticare u sauzìzzë arrëstùtë, assëlutë o 'nda frëttætë chi zafarænë, a tièmbë andìchë solo quando era tièmbë dë puòrchë, mentre con i salumi è coppia eccellente con la mortadella.

I pittë lìscë, sullo sfondo,
e in primo piano a pìttë cu sammùchë.
Foto Mario De Salvo.

Come per il pane classico sulla pitta lìscë non vi è tanto da raccontare, infatti potrei già concludere così, ma necessita che torni sul nome e su alcuni appunti a riguardo.
La continua evoluzione delle lingue parlate, dialetti inclusi, in accelerata dal secondo dopoguerra, crea spesso confusione sul significato di diversi termini, proprio come accade anche per la pitta lìscë.
Sento spesso chiamarla chëddùrë, un termine che già dalle due d evidenza la non appartenenza al nostro dialetto, infatti è calabrese ed identifica la pitta lìscë in alcune zone della regione.
Altro termine, questo appartenente anche al nostro dialetto, è strazzætë, ma a differenza del buonissimo prodotto aviglianese (anch’esso una pitta lìscë), per i nostri nonni era a pittë ca rìghënë, ai loro tempi strappata con le mani e usata soprattutto per l’inzuppo e la scarpetta.
Ultimo termine è cullërièllë che, a differenza degli altri due, non è ne confuso e tantomeno errato, ma Chiaromontese e, oltre ad indicare un panetto realizzato dai piccoli di casa con i grumi restanti dell’impasto per il pane, quindi anche un modo per renderli partecipi alle attività lavorative della famiglia, è il nome col quale i nostri avi chiamavano a pitta lìscë, e vò fiurìscë a vùcchë a chìllë picchë che cia chiàmënë ancòrë.


Dedicato a Mario De Salvo "u Parèndë",
amante e portatore delle tradizioni sino alla fine dei suoi giorni

_________________

U MIËRCUDÌ DO CIÈNNËRË e l’inizio delle tradizioni Pasquali

U MIËRCUDÌ DO CIÈNNËRË
e l’inizio delle tradizioni Pasquali

Di G. D. Amendolara
☙_________________❧
Storia inserita in Archivio > Tradizioni

La storia contiene termini dialettali.
I più incomprensibili sono parafrasati alla fine del testo

alla fine, video del servizio civile di Chiaromonte


‘Nnòmë dë Dìë
Assëfa a Dìë
Grazziàmënë a Dìë

Cosi dicevano le nostre nonne
quando iniziavano,
erano nel mezzo
e terminavano qualcosa


Passàtë Carnuværë, fërnùtë a fèstë, in tutti i sensi.
Con l’arrivo di febbraio e marzo si rianimavano le terre coi rumori delle zappe e i lamentii di zappaturë: Oh! Hi! mòrtaccìsë e quàntë si tòstë, solo due tra i tanti.
La minaccia del gelo incombeva ancora. Erano ben consci che da un momento all’altro poteva presentarsi la neve, infastidendoli ancor più che a gennaio, perchè di quella acquagnòsë, disgraziata e dannosa alle terre e agli alberi.
Nonostante tutto non demordevano e, ‘nnòmë dë Dìë e assèfa a Dìë, imperterriti continuavano con i loro doveri.

Il sepolcro nella Chiesa Madre di San Giovanni Battista.
Foto Ugo Breglia

Silenzio e preghiere rendevano un ricordo la gioiosità del carnevale.
Era u mièrcuëdì do ciènnërë, e per Chiaromonte iniziava il più lungo e sentito periodo tradizionale e religioso.
Alla chiamata le chiese¹ si riempivano di donne² accompagnate dai piccoli di famiglia, sorreggendo e rafforzando la fede e l’impegno verso Dio, ringraziandolo o chiedendogli una grazia, ancor di più se da farsi perdonare per le forti bestemmie dei consorti³.
Rientravano a casa benedette dalle Ceneri e con in mano un fagottino pieno di semi, grano o legumi, anch’essi benedetti, perché i lavurièllë avièna fǽ, un’antica tradizione tramandata che dicono risalga ai romani, riadattata poi dal Cristianesimo come segno di rinascita e di resurrezione del Cristo crocefisso.

Immaginatele le nostre nonne nella contemplazione religiosa, speranzose in quel Dio che tanto pregavano, amorevoli tutti i giorni verso quei germogli, nutrendoli di acqua e preghiere nei pochi istanti di luce concessagli, perché conservati al buio, simbolo della sofferenza del Cristo, fino alla loro esposizione in tutto il loro splendore il giovedì Santo nelle chiese, in segno e speranza di rinascita e di resurrezione.

“Òn sia mæië tuccæ' a carnë, ca non së mòrë pë nu iuòrnë”

Con la Quaresima iniziavano anche i fioretti e i digiuni, soprattutto della carne al venerdì sino a quello Santo. C’era anche chi, proprio al venerdì, digiunava tutto il giorno, un’usanza, però, poco seguita già ai tempi dei nostri nonni.
‘Ndo ròllëcèllë, ‘ndu paìsë e pë fòrë, orfane dei maiali, alloggiavano ora gli agnelli da sacrificare a Pasqua, e ‘ndi panærë, custodite come la cara cresima a causa dell’incertezza del clima marzàtëchë che incideva non poco sulle galline, finivano le prime uova pi pëccëllætë, assolutamente da non toccare, mànchë s’ammaccævënë a fæmë.

Cominciava così il lungo periodo quaresimale allu paìsë nuòstë, tra usi, costumi e tanta religiosità, mentre la terra lavorata, l’odore dei letami sparsi, gli alberi germogliati pronti a sbocciare e il via vai pë fòrë dë grànnë, zìnnë, mënzænë, nànnë e sërànnë, chi a cavàllë allu ciùccë e chi all’appèdë, annunciavano l’arrivo della primavera.
Grazziamënë a Dië u puòrchë aviènë accisë, o sauzizzë stëpætë, e accunn’atu pìcchë tuttë u rièstë. Mancava l’orto, ma u pulëvìnë aviènë fàttë, e tra sacrifici, speranze e preghiere, anche per loro Paschë arrëvævë, e vi assicuro, l’attendevano più del Natale.
____________

Note

1. Fino agli anni 60 a Chiaromonte le chiese erano due, la chiesa madre, San Giovanni, e la collegiata insigne di San Tommaso Apostolo.

2. La presenza maschile, almeno sino agli inizi del secondo dopoguerra, era ristretta. Gli uomini presenti a funzioni e, soprattutto, processioni, erano perlopiù appartenenti a movimenti o vicini ai parroci.

3. Il Chiaromontese, nei paesi limitrofi, è conosciuto come bestemmiatore, nomea che ancora qualcheduno ci accolla.

_______________

Parafrasi termini dialettali

marzàtëchë: detto del clima del mese di marzo e della sua imprevedibilità
ammaccævënë: soffrire, patire la fame
pulëvìnë: semenzaio 

_____________



______________

O Puppèttë dë Carnuværë - Storia e ricetta

Di G.D. Amendolara
in collaborazione con Angela De Salvo
e Rosa Rcciardi (quàttëbòttë)
☙_________________❧
Storia inserita in archivio > Tradizioni

La storia contiene termini dialettali, parafrasati alla fine del testo.
In fondo, alla fine della ricetta, link al video tutorial per la realizzazione delle polpette di carnevale.

NdA: la ricetta presente è di "base", in quanto in quasi tutte le case non le producono più come una volta, per questo vi chiedo di leggere attentamente tutta la storia.
Le polpette non hanno un loro Diktat, per questo una delle poche pietanze che mette d'accordo tutto il mondo.


Le polpette di carnevale. Fam. Amendolara Franco


Piccolo aneddoto storico

Chiaromonte, 1990.
Mai come quell’anno nessuno organizzò qualcosa per il martedì grasso, Carnaluværë, una delle tradizioni Chiaromontesi più importanti.
Nessuna iniziativa nemmeno da parte del circolo sociale. Solo le scuole elementari uscirono per la classica sfilata mattutina.
L’indifferenza smosse gli animi del gruppo musicale “La nuova immagine” (allora l’agrifoglio) che di propria iniziativa organizzò qualcosa per quella giornata.
Era il 27 febbraio del 1990.
Le previsioni meteo prevedevano brutto tempo.
Il sereno resse fino alle prime ore del pomeriggio.
I continui cambiamenti climatici di quel mese spinsero il gruppo a richiedere in prestito il camion dal cassone telato a Peppino il fruttivendolo.
Oltre alla musica decisero di donare alle maschere anche o puppèttë dë carnuværë, cosi coinvolsero le loro famiglie e gli amici che si ritrovarono nelle proprie case a prepararne migliaia da cucinare e servire gratuitamente in piazza insieme ad un bicchiere di vino.
Iniziò la festa.
La piazza si riempì di gente mascherata e non.
D’un tratto il cielo stellato si coprì. Un vento gelido e forte aprì le danze, talmente forte da coprire le voci di Tonino, Prospero e Assunta.
Visto il peggioramento in molti decisero di rientrare alle proprie case.
Chi rimase non rinunciò alla festaneanche quando cominciò a piovigginare e, d’un tratto, anche a nevischiare, divertendosi sino all’ultima canzone che mise fine alla serata e anche alla tempesta.
Di polpette ne produssero molte, tanto che il gruppo organizzò un’altra serata dove, però, le servì sempre col vino ma a prezzo irrisorio. Nonostante tutto ne rimasero ancora, e non terminarono nemmeno quando organizzarono una serata in grotta insieme a tutti i collaboratori…


Compagnia in grotta mentre degusta le polpette di carnevale.
Foto e cantina di Antonio Rossi

O PUPPÈTTË DË CARNUVÆRË

LA STORIA

Forte più di quella folkloristica, la tradizione culinaria del carnevale Chiaromontese riesce a resistere nella sua lotta contro il tempo.
È il pranzo, o la cena, della grande abbuffata prima del periodo Pasquale e dei digiuni della Quaresima.
A differenza di oggi i nostri nonni festeggiavano gli ultimi tre giorni con tre piatti diversi della tradizione: Carnuværë, la domenica, con i maccarùnë cu fièrrë ca mullìcchë, il lunedì gòssë dë puòrchë cu cavulë‘nda pëgnætë e il martedì grasso, Carnaluværë, co puppèttë.

Erano u rëcrièië della famiglia o Puppèttë, per la bontà e l’abbondanza, ma soprattutto perché servite spesso e volentieri solamente nel periodo tra la macellazione del maiale e Carnevale.
Tra le due tradizioni, però, seppur di poco, le polpette subivano delle modifiche dovute alla distanza temporale tra l’una e l’altra.
Per la cena del buon augurio du puòrchë, quella dove si invitava chi aveva aiutato, amici e parenti, nell’impasto si utilizzava la carne fresca del maiale insaporita con zafarænë pësætë, sale e pepe, quindi l’impasto per le salsicce.
A Carnaluværë, vista la cadenza oltre il tempo previsto pu puòrchë, tenevano da parte, appese a distanza dalle altre, delle salsicce spesso “grasse”, che finivano nell’impasto già in stato avanzato di stagionatura, il che lo rendeva ancor più saporito. Inoltre, alcuni aggiungevano anche il lardo o u sauzìzzë ‘nda ‘nzògnë, semmai ce ne fosse rimasto della passata produzione.
Ad oggi il maiale non lo alleva quasi più nessuno. La sua carne, da decenni, è regolarmente presente nei banchi delle macellerie del paese, cosa che ha reso o Puppèttë du buònaugurië e quelle dë Carnuværë praticamente simili, ma non in tutte le case, perché statene certi che i tradizionalisti u sauzìzzë curætë stuzziätë non ciu fænë mangä’.

Foto di Nicola Carlomagno.
Da notare il sugo brodoso

LA RICETTA
(per 50 polpette circa)
nota: questa qui sotto è quella basica,
e utilizzata perlopiù nelle case dove si mantiene ancora la tradizione
Nel caso volete assaporare quelle antiche della tradizione,
basta aggiungere gli ingredienti citati nella storia

INGREDIENTI
Mollica di pane 500 grammi
Macinato di maiale 300/400grammi
3 uova intere
Pecorino 200 grammi,
Sale quanto basta,
Prezzemolo
Pepe
Sugo con carne di maiale

Polpette pronte da cuocere.
Foto e produzione di Angela De Salvo

PROCEDIMENTO
Impastare insieme tutti gli ingredienti. Aggiungere un pò del sugo in modo che venga morbido. Appallottolare.
Per la cottura delle polpette in una casseruola larga mettere il sugo di carne, aggiungere un paio di mestoli di acqua o, meglio ancora, di acqua di cottura della pasta se servite chi maccarùnë.
Al bollore aggiungere le polpette e cuocere per 10 minuti senza girarle.
Servite ben calde.



__________________

SEGUI IL VIDEO TUTORIAL SU YOUTUBE
di Angela Gourmet
(De Salvo Salumi)


________________

Parafrasi termini in dialetto

Carnaluværë: dal latino carnem levare, quindi il martedì grasso, giorno della grande abbuffata prima dei digiuni Pasquali iniziali il giorno successivo, il mercoledì delle ceneri. 

Rëcrièië: goduria

________________

La televisione a Chiaromonte

di Pinuccio Armenti
☙______________❧
Storia inserita in archivio > Chiaromontesi raccontano

nota: in questa storia non ho apportato alcuna correzione nelle parole in dialetto, e tantomeno nel modo di scrivere.
Pinuccio manca dal paese da sessant'anni, gli stessi in cui vive in Germania, e desidero che tutti voi siate testimoni del suo amore immutato verso il nostro paese, il più bello del mondo.


Nota: questa storia è stata estrapolata dal gruppo Facebook Sei di Chiaromonte se... Ringrazio di cuore Ugo Breglia per la gentile concessione

L'antenna, la prima installata in cima al Catarozzolo
_______________
Parte 1
_______________

Cari compaesani,
vi ricordate in quale anno arrivò la Televisione a Chiaromonte?
Gli 80enni lo ricorderanno, ma i giovani?
Allora ve lo dico io. Io non ho 80 anni ma quasi.
In Autunno del 1956 al nostro paese, verso le otto di sera, c'era un via vai di gente e tutti andavano verso il Calvario.
Io allora 12enne, alle 21 dovevo essere a casa. Ordine paterno. Però ero curioso, domandai qualcuno che mi disse: Andiamo a vedere la televisione. Ed io: la televisione? Mi prendete in giro? No vieni pure tu.
Un po' non volevo disubidire gli ordini di papa', ma la curiosità ebbe il sopravvento .
Quasi tutto il paese era all' albergo Di Serio.
Ernesto Di Serio con sua moglie Italia, da tutti chiamata "Taliuccia", erano due persone molto brave e gradi lavoratori. Oltre a gestire l'albergo, in piazza avevano un negozio di generi alimentari e non solo. Essi furono i primi ad avere un televisore.
Allora non era cosi facile come oggi.
Oggi c'è la parabolica dove si possono vedere centinaia di programmi. A quei tempi la Rai aveva un solo programma e bisognava mettere una grande antenna sul tetto della casa.
Da fonte sicura so che l'antenna era alta quasi 10 metri.
Gli impulsi venivano dal ripetitore di Monte Faito, vicino a Castellamare di Stabia.
Nicola Figundio, allora l'unico a capirne qualcosa di televisione, dovette lavorare tutto il giorno, prima per piazzare l'antenna, avvitarla per bene sennò il vento l'avrebbe portata via. Non credo che abbia potuto fare tutto da solo. Non so di sicuro chi gli diede una mano. Sicuramente l'onnipresente Vicienz Piattell. Lui per lavori difficili era sempre pronto.
L' albergo all'interno aveva una scala lunghissima per arrivare al piano dove era la sala col televisore. Quindi potete immaginare quanti spintoni e parolacce.
Noi ragazzi non venivamo calcolati tanto e poi anche per educazione, i più grandi avevano sempre la precedenza.
Dopo un’ora di corpo a corpo con tante persone, riuscii a salire la scala, ma mi toccò aspettare almeno altri 20 minuti prima di avere uno spiraglio e poter entrare nella sala. Finalmente vidi qualcosa . Era Nicoletta Orsomando, mi sembra ricordare una delle prime presentatrici. Naturalmente il nome lo imparai dopo.
Per me allora una cosa indescrivibile.
Potevamo vedere cosa accadeva in Italia, non c'era più bisogno di leggere il giornale.
Però sul più bello, tutti intensi a guardare, incominciano a vedersi solo strisce che andavano su e giù, la voce veniva e andava, non si capiva più niente.
Noi tutti con un sospirone di delusione: Oohhh!!!
Un colpo di vento aveva spostato l'antenna. Una finestra si apre e si sentì gridare: girala un po’ a sinistra. Qualcuno era ancora sul tetto vicino l'antenna. Dopo un paio di minuti è di nuovo tutto a posto.
Avrei voluto ancora rimanere, ma un pò perché c'era ancora tanta gente che voleva vedere un po’ perché erano già le 10 e pensavo alle grida di mio papà, tornai a casa pensando a quello che avevo vissuto. E dissi in me: Chiaromonte ha fatto un passo avanti. Però non vi dico che ho finito. Ho ancora molto da raccontare sulla Televisione a Chiaromonte.

Parte 2

Carissimi Compaesani,
dopo un paia di mesi che Ernesto Di Serio aveva comprato il primo televisore, segui subito il secondo, Faustino Ricciardi, persona affabile e molto simpatica, a quei tempi gestiva un cinema a Chiaromonte. Se non ricordo male si chiamava "Cinema Bellini".
Lui capì subito che ormai la televisione era un oggetto al quale non si poteva più farne a meno.
Mise il televisore nel suo cinema ed ebbe un gran successo.
Allora un televisore 19 pollici costava sui 160 mila lire. Per una persona che lavorava alla giornata una cosa impossibile da comprare.
Io non ricordo quanto Faustino facesse pagare l'entrata. Pensavo 50 o 100 lire.
Paolo Sergio mi ha scritto che lui pagava 20 lire per vedere Lascia o Raddoppia. In verita' vi dico non lo ricordo.
A proposito, la trasmissione Lascia o Radoppia scrisse la storia della televisione Italiana.
Nasce la febbre del Giovedì sera. Tutta l'Italia guarda questo programma presentato da un presentatore venuto dall' America ma Italianissimo chiamato Mike BUONGIORNO.
Con la valletta Edy Campagnoli. Non sto a spiegarvi la trasmissione perché la conoscete tutti. Posso solo dirvi che questa è la storia della televisione Italiana.
Nelle lunghe e fredde sere d'inverno a Chiaromonte la televisione ha portato un po’ di calore.
E' vero, allora c'era soltanto un canale chiamato Programma Nazionale. Si poteva vedere di tutto. Varietà, Sport, Film e molti documentari di cultura.
Per noi ragazzi e uomini lo sport era preferito a tutto. Il pugilato allora era scritto con la P maiuscola. Erano i tempi di Duilio Loi, Nino Benvenuti e il nostro Rocco Mazzola di Potenza. Poi c'era il Calcio con la Coppa dei Campioni, la Coppa delle Fiere.
Il cinema si riempiva fino all'ultimo posto.
Cercavi di arrivare sempre prima per prendere i primi posti cosi potevi vedere meglio. Durante un incontro di pugilato ero seduto accanto a Sestilio Cicale. Lui giocava a pallone. Io non sapevo che andava matto per il pugilato. Mi dette tanti pugni nei fianchi che non ne potevo più. Era cosi preso dall'incontro che lui non si accorse di nulla. Cose da non credere.
Non vi dico dove era il cinema perché credo che lo sapete tutti. Nelle case della famiglia Miraglia.
Anche il bar di Faluzzo Donadio in piazza, il parroco don Franco Ferrara, il circolo dei Signori e qualche altro adesso avevano un televisore. La prossima volta vi parlero' di don Franco e del Circolo dei Signori.

Parte 3

Ora a Chiaromonte c'erano già diverse persone che avevano un televisore.
Anche il nostro parroco don Franco Ferrara. Solo che lui non l'ha messa in casa sua ma in una parte del Seminario.
Dovete sapere che la fine degli anni 50 e gli inizi degli anni 60 Chiaromonte aveva una fiorente Associazione, l' Azione Cattolica.
Era divisa in tre gruppi. Gli uomini, i giovani e noi ragazzi chiamati aspiranti.
La sede era la porta accanto all'entrata principale. Non so se oggi ancora c'è. Era di fronte alla putega di Umberto Ferrara.
C'erano 4 belle stanze grandi. Una bella grande con 2 biliardini, una per giochi da tavolo come Monopoli, gioco dell'oca e tanti altri, una per le riunioni e l'ultima che era la più grande per la televisone.
C'erano dei banchi per sedersi e anche delle sedie.
Una 40ina di persone ci stavano bene. Qualche falegname aveva fatto una bella console di legno alta forse 1,60m, in modo che tutti potevano vedere bene.
D' inverno si stava bene. Verso le 5 di sera si poteva entrare. Chi giocava a biliardino, chi a Monopoli, i più grandi che erano i giovani e a volte anche qualche uomo giocavano a spacca mattone, gioco non visto bene da Don Franco, perché si giocava con i soldi.
Vi ricordate le regole? Si buttava una dieci o 50 lire in aria questa cadeva sulla mattonella. Quella che era più a centro vinceva. Se eri fortunato potevi vincere un bel gruzzoletto. Uno di noi ragazzi doveva stare attento che non venisse Don Franco se no erano guai.
Alle 20 incominciava a venire la gente per vedere la televisione .
La Signora Giovannina Cortazzi ha scritto nella prima parte del mio racconto, che si pagavano 100 lire. Noi soci dell'Azione Cattolica non pagavamo e poi io a quei tempi facevo anche il sacrestano a S. Tommaso quindi non ho mai pagato.
Il programma era ancora sempre uno solo. Però sempre trasmissioni diverse. Si cominciava con il telegiornale. Poi veniva Carosello, trasmissione di pubblicità, fatto molto bene, che diventò storico. Dopo Carosello che finiva alle 21, i bambini dovevano andare a letto.
Per tanti anni restò un istituzione. Alle 21 incominciavano le trasmissioni per i grandi.
Film,Sceneggiati, e molte trasmissioni con Enzo Tortora, Corrado, o il Musichiere con Mario Riva e molto Varietà.
Delia Scala una grande soubrette. Cantava, ballava e scenette per ridere.
E poi non vi dico i balletti. Prima delle gemelle Kessler e don Lurio c'era un vero corpo di ballo. Questa cosa ve la debbo raccontare.
Non so se c’è qualcuno che si ricorda. Le ballerine con le cosce di fuori, i ballerini con quei pantaloni attillati che davanti si vedevono tutte le forme di un uomo erano veleno per Don Franco. Allora cosa faceva, o spegneva il televisore con la scusa che si doveva un pò raffreddare oppure si metteva con le spalle davanti il televisore in modo che noi tutti non potevamo vedere quasi niente e ci raccontava qualche storiella. Allora nessuno si ribellava. Ai tempi di oggi chissà cosa sarebbe successo.
La gente veniva lo stesso. Noi allora non eravamo tanto esigenti come oggi. E poi mica potevi andare ogni sera dalle persone che l'avevano privata in casa loro, quindi dovevamo accettare e stare zitti.
La prossima vota vi racconterò il ricordo più bello che ho della Televisione a Chiaromonte.

Il mio ricordo più bello della televisione a Chiaromonte

Ormai erano passati due anni che la televisione a Chiaromonte andava a gonfie vele.
Non solo i locali pubblici avevano un televisore, ma anche tante case private.
Mica che a Chiaromonte eravamo tutti poveri. C'era tanta gente che si poteva permettere il lusso di avere un televisore.
Dovete sapere che nel 1958 e negli anni successivi, al nostro paese, esisteva un Circolo chiamato Il Circolo Dei Signori.
Era composto da soci che pagavano una quota di soldi al mese che permetteva loro di entrare in questo Circolo. Naturalmente i Signori non è che li trovavi per strada.
Saranno stati una 30ina di uomini. Non sto a fare nomi, c'erano le migliore famiglie di Chiaromonte. Maestri, Capo uffici, Impiegati e qualcuno che credeva di essere Signore pure lui.
Per me tutte bravissime persone.
Allora a Chiaromonte si usava che queste brave persone al mattino prima di andare in ufficio o a scuola andavano in piazza a far la spesa.
Chi comprava della frutta fresca, o pomodori, insalata, il venerdì il pesce fresco, generi alimentari,in somma un po’ di tutto.
Il tempo di portare la spesa a casa non l' avevano più. Allora per questo c'ero io.
Io facevo volentieri questi servizietti. Primo perché ero uno ragazzo molto educato, quindi non potevo dire di no a Caio o Sempronio e anche perché loro gentilissimi mi davano sempre qualche soldino di mancia. Per me ragazzo povero era una manna del cielo. Ormai avevo già 14 anni e ogni 100 lire ti aiutava un po’.
Voi adesso vi chiederete cosa c’entra tutto questo con il ricordo della televisione?
Ebbene adesso arrivo al dunque.
Il 29 Giugno del 58, un paia di giorni dopo S. Giovanni si giocava la finale del Campionato del Mondo tra Svezia e Brasile e la televisione trasmetteva in diretta.
l'Italia, come già da 8 anni, non si era qualificata per la fase finale. Però io che amavo il calcio volevo vedere questa partita a tutti i costi. Ero in piazza e mancavano una decina di minuti al fischio di inizio. Cosa faccio? Il Circolo dei Signori era di fronte alla casa dove abitava il maestro Fanuele. Anche loro avevano un televisore. Faceva caldo, loro avevano la porta aperta, io sentivo già il cronista che stava dicendo le formazioni.
Naturalmente al Circolo potevano accedere solo i soci. Per gli altri era proibito.
Il volume del Televisore era molto forte che sentii il fischio dell'arbitro. Presi tutto il coraggio che avevo ed entrai.
Fra di me dissi: male che va mi sbatteranno fuori.
Era una stanza abbastanza grande, c'erano dei tavolinetti con tanti giornali sopra, mazzi di carte da gioco, ad un lato uno scaffale con molti libri. Al centro di una parete c'era il Televisore messo su un piedistallo messo un pò in alto.
Io entro, c'erano delle sedie vuote, però non ho il coraggio di sedermi. Mi metto dietro in un angolino. Non so se veramente qualcuno non si sia accorto della mia presenza, o forse hanno chiuso un occhio.
Fatto sta che mi sono visto tutta la partita. Finì 5-2 per il Brasile, dove Pelè allora 17enne segno 2 gol. Per me fù un ricordo indimenticabile.
Non so dirvi di preciso se fu per la finale di calcio o per il posto dove mi sono intruso senza permesso. Io il ragazzo povero in mezzo ai Signori di Chiaromonte.
Uscendo con il cuore in gola, ma felicissimo, mi sono detto: Be, in fin dei conti i Signori non sono mangiacristieni, ma tante brave persone.
Da quella volta ho avuto ancora molto più rispetto nei loro confronti.
Il 1962 ad Ottobre partii per la Germania.

_________________

Truònë dë vièrnë

di G.D. Amendolara
☙_____________❧
Storia inserita in archivio > Storie Chiaromontesi


Nevicata negli anni 80.
Monumento ai Caduti

______________________

La storia contiene termini dialettali
__________________


Il sole di gennaio andava e veniva.
Scopriva le montagne coperte di neve ma non le cime del massiccio, con quelle non riusciva.
Bello, luminoso ma per niente caldo, perché nulla poteva contro le gelate di quegli inverni.
Ricordo bene quando per andare a scuola salivamo le gradinate di Cuccarësë che portano in piazza attenti a mettere i piedi sòpë i pëtrèllë, perché i cordoni erano ricoperti di ghiaccio, e guai a camminare sotto tetti e balconionde evitare la caduta dicannuièrë. E ghiacciate erano le fontane, i tubi dell’acqua, lo zampillo e i panni stesi ai balconi di fèssë.
Gennaio era cosi, un po’ come marzo, ora cielo azzurro e ora completamente coperto da nuvole compatte e bianche, con pochi rovesci, dacché ricordi, ma su cièlë scënnìë attirava su di se tutti gli sguardi…

Nevicata gennaio 1987

Era il 1991, periodo da Cannëlòrë.
Cominciò a nevicare come non accadeva da qualche anno.
Fiocchi grossi che in poco tempo accumularono uno strato che fece ben sperare, tanto che il giorno dopo chiusero uffici e scuole.
All’improvviso al mattino cominciò a piovere e in men che non si dica quasi sciolse tutto il manto bianco che ricopriva Chiaromonte.
Mentre la rassegnazione prevalse sulla gioia, un insolito rumore drizzò le orecchie di tutti. Un tuono che spezzò la pace tipica dell’inverno.

“Truònë dë vièrnë pòrtë a nevë”

dicevano i nostri nonni, e difatti ricominciò a nevicare copiosamente.
Ne cadde tanta, uno strato di circa sessanta centimetri che per il peso fece saltare la corrente, tanto che a casa nostra ospitammo alcuni studenti della scuola infermieristica rimasti al freddo e al buio.
Il mattino dopo, con le scuole rimaste chiuse, ragazzi e ragazze scatenarono la loro felicità fuori casa, chi a farsi la guerra di palle di neve in piazza, chi a gareggiare allu pënnìnë du Cummèndë con slittini fatti di sacchi di plastica, tabelle dei gelati e altri materiali alla mano e chi semplicemente a passeggiare mentre, con non poche difficoltà, dalla chiesa usciva un funerale…


Nevicata gennaio 1993.
Quell'anno in un mese nevicò abbondantemente
ben due volte.
Fotogramma da video dell'archivio
video fotografico Fam. Franco Amendolara

Di neve ne cadeva tanta a Chiaromonte, anche più volte nello stesso inverno, senza pensare al disagio che provocava, ma felici del miracolo che donava soprattutto agli ulivi, alle vigne e a tutte le terre da coltivare.
Un tempo la prima neve cadeva già nella seconda metà di novembre, tanto che spesso raccoglievano le olive accendendo falò tra le piante per scioglierla e non morire di freddo.
Si ricorda spesso la famosa nevicata del 56, ma memorabili furono anche quella del lungo inverno del 1971 e tra il 1985 e 1986, per non parlare degli anni 30 del secolo scorso testimoniata da una foto che più volte ho pubblicato.
Oggi la neve che veste di bianco Chiaromonte spesso va via in un nonnulla. Alimenta tanta nostalgia e riaccende mille ricordi in noi che in quella neve alta e soffice abbiamo vissuto tra i momenti più belli della vita nostra e del nostro amato paese.

Parco Torri della Spiga.
Metà anni 90


_________________